“Eravamo abituati ad umili festival settoriali (libro, economia, filosofia, diritto…), ora l’amministrazione comunale di Piacenza è riuscita a partorire addirittura il “Festival del pensare contemporaneo”: si tratta di un’iniziativa dall’inequivocabile sapore anni Settanta, un dispendioso minestrone, una paccottiglia da talk televisivo”. Così Forza Italia interviene in merito al Festival del Pensare Contemporaneo, puntando il dito contro “la mancanza di pluralità”.
Per gli organizzatori si tratta di una rassegna tesa a “sviluppare insieme un pensiero profondo e dunque informato, ricco perché plurale, sempre libero, ostinatamente lungimirante”. Un qualcosa che porterebbe ad un riscatto culturale della città, con ampia eco mediatica: cioè, il nulla siderale descritto da un’impeccabile infilata di aggettivi senza alcun concetto!
Sulla pluralità, in ogni caso, ci sarebbe da discutere, posto che pare di assistere a quelle vecchie Feste de L’Unità sul Pubblico passeggio degli anni ’70 e ’80: questa è una sorta di Festa de l’Unità incarnita nelle istituzioni! Occorre capire oggi per un ente pubblico che cosa significhi investire sulla cultura: fare cultura significa produrla, non dilapidare risorse in rassegne come questa, che dal 25 settembre non avrà lasciato nulla alla città! È essenziale indirizzare investimenti su pochi eventi di valore, ma per questo occorrono conoscenze storiche e culturali precise, confronto, programmazione e coordinamento tra le diverse forze della città, che non devono porsi solo come interlocutrici passive delle iniziative del Comune, ma come protagoniste creative.
Questo festival denota inoltre una totale mancanza di senso delle istituzioni espresso dalle tante realtà riunite a sostegno della kermesse: Comune significherebbe comune, di tutti; si vuole pensare, ancora, che non sia esattamente rappresentata da Saviano, Mancuso, Cappato e Manconi.
Diteci quanto costa questo carrozzone, chi mette i soldi e quanto per favore! Ci sono problemi di degrado, pulizia e sicurezza in tante zone della città, meglio investire lì! Il famoso cantautore italiano Giorgio Gaber, nella sua canzone “E pensare che c’era un pensiero”, riesce perfettamente mettere a fuoco la situazione: ”… E pensare che c’era il pensiero che riempiva anche nostro malgrado le teste un po’ vuote… Ora inerti e assopiti aspettiamo un qualsiasi futuro… E pensare che c’era il pensiero, era un po’ che sembrava malato, ma ormai sta morendo… Dovunque c’è, un grande sfoggio di opinioni, piene di svariate affermazioni che ci fanno bene e siam contenti, un mare di parole, un mare di parole…”.
Meditate piacentini, meditate…
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