Dopo il successo della prima serata, prosegue il Festival del Cinema in Pellicola, organizzato dalla Banca di Piacenza e che trova sede al PalabancaEventi. Ospite del secondo appuntamento è stata Yassmin Pucci, una coraggiosa attrice italo-persiana, che ha presentato il suo nuovo libro “Non chiamatemi Principessa”, un romanzo sulla storia della sua famiglia. Protagoniste tre generazioni di donne il cui destino è indissolubilmente legato alle dolorose vicende dello Scià di Persia, fratello della nonna di Yassmin. Lei non si definisce attivista ma da anni si batte per i diritti delle donne, in particolare quelle del suo paese d’origine.
“Il titolo del mio romanzo può sembrare superficiale, ma in realtà c’è tanto dietro. Perché mia madre e mia nonna sono state tutt’altro che principesse, sono state vere e proprie guerriere. Hanno lottato per le donne, per l’istruzione, per il diritto al voto. Mia nonna, negli anni ’30, è stata tra le prime a fare in modo che le donne avessero la libertà di scegliere se indossare il velo o meno. Il titolo si ispira proprio a mia madre e mia nonna, che di certo non erano principesse, ma anzi hanno scritto un pezzo di storia”.
“Ho finito di scrivere questo libro l’anno scorso proprio nel periodo in cui è stata uccisa Mahsa Amini. In quel momento è come se il mondo si fosse svegliato, accorgendosi che Iran stava succedendo di tutto e di più. Ma in realtà il mio Paese lotta da quarant’anni, non dall’anno scorso. Il mondo occidentale lo ha capito e sono iniziate manifestazioni di solidarietà: è una cosa molto bella, però non si dovrebbe sempre arrivare alla tragedia per rendersi conto. In Iran esiste una polizia morale, ma quale Dio potrebbe mai volere una polizia del genere?”.
“Col mio libro vorrei smuovere un po’ le acque, ma allo stesso tempo vorrei anche far vedere un’Iran diversa. Inizio a raccontare dagli anni ’40, prima della rivoluzione, quando l’Iran era un Paese ricchissimo, con donne emancipate e libere, la libertà d’espressione esisteva: vedere come si è trasformato oggi è dura”.
“Io ho iniziato ad avvertire il peso della mia famiglia da una decina di anni: da questo punto di vista è stata molto brava mia madre a non farmi subire quel peso che lei e mia nonna hanno portato, io sono cresciuta in Italia quindi ho una cultura europea al 100%. Ma da qualche anno ho iniziato a capire quale responsabilità potessi avere anche io: e così provo nel mio piccolo a prestare la mia voce a tutte le donne iraniane. Sto cercando di recuperare quello che forse non ho fatto da quando ero piccola: non sono un’attivista, ma tutto quello che posso fare lo faccio con il cuore”.
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