«Una figura straordinaria che ha onorato Piacenza e che continuerà ad onorarla perché le sue opere rimarranno per sempre». Così Marco Horak, conservatore dell’Ente Museo Palazzo Costa, ha concluso il suo intervento alla Giornata Arisi, tradizionale appuntamento – quest’anno inserito nel programma delle Celebrazioni per i 500 anni di Santa Maria di Campagna – promosso dalla Banca di Piacenza per rendere omaggio al maggior storico dell’arte che la nostra terra abbia avuto, mancato il 18 giugno del 2013 all’età di 92 anni. Il prof. Horak ha voluto ricordare lo studioso con un breve filmato nel quale il prof. Ferdinando commentava il fatto di aver raggiunto i 90 anni: “Non ci speravo”, disse Arisi, ringraziando per il traguardo “la divina provvidenza e i miei familiari, che con me sono tolleranti e sono la mia stampella” e chiudendo così: “Mi affido a Dio. L’importante, comunque, è vivere serenamente”.
Durante la sua relazione il prof. Horak ha sottolineato «la grande religiosità e l’incredibile umanità» del prof. Arisi. «Nel 2011 – ha esemplificato l’oratore – ho avuto gravi problemi di salute: non c’era giorno che non ricevessi la sua telefonata per sentire come stavo». Dopo aver citato alcuni episodi a dimostrazione della sua grande competenza in materia di arte, il prof. Horak si è soffermato sulla simbiosi tra Arisi e Panini («la notorietà internazionale del primo non sarebbe tale se non avesse compiuto gli studi sul secondo, ma credo sia vero anche il contrario»), evidenziando che tra le poche opere che il pittore vedutista lasciò di Piacenza (qui nacque, ma visse e lavorò a Roma) c’è il quadro (mostrato al pubblico presente) “Veduta di Rivalta dalla riva destra del Trebbia”, di proprietà della Banca di Piacenza, che l’ha recuperato dall’estero – insieme al pendant “Veduta ideata di un palazzo sul fiume” – 16 anni fa grazie ad un’intuizione proprio di Arisi (che li definì “due dipinti splendidi, eccezionali documenti della vita quotidiana nelle campagne del ‘700 piacentino”) che di Panini fu il massimo studioso (le due opere sono esposte nel Salone della Sede centrale di via Mazzini).
Il ricercatore e storico dell’arte Gianluca Bocchi ha ricordato il suo rapporto con Arisi: «Ancora ragazzino – accompagnavo mio padre, collezionista, che veniva dal professore a fargli vedere dei quadri. A Piacenza la storia e l’arte parlano con la sua voce. Innumerevoli le pubblicazioni: su Santa Maria di Campagna, sul Collegio Alberoni, sul Museo Civico, su Panini, solo per ricordarne alcune. Avevamo molti interessi in comune e c’era un grande rispetto reciproco. Ma mentre da parte mia era dovuto, da parte sua non era una cosa scontata, vista la differenza d’età. Solo da lui e da Federico Zeri ho avuto l’onore della loro considerazione. Spesso, mi chiedevano “Lei cosa ne pensa Bocchi?”». Il relatore – che ha in questi anni proseguito alcuni studi avviati da Arisi – ha quindi citato la capacità del professore, nonostante la sua esperienza, di entusiasmarsi davanti a una scoperta. «Come quando, nel 1998, da uno studio sulla natura morta io e mio padre scoprimmo il pittore Gilardo da Lodi. Nel 2004 curai una mostra su questo artista e sulla pittura d’uva in Lombardia e ricordo che Arisi mi aiutò tantissimo: passai con lui intere giornate a lavorare, alla Galleria Ricci Oddi. Sapeva tornare sulle sue opinioni, se emergevano nuovi elementi su una qualsiasi questione, ma la sua non era modestia bensì qualcosa di più alto, che definirei coscienza socratica. E una tela che lo avrebbe entusiasmato – ha continuato il dott. Bocchi – è il “Bacco bambino” dipinto a Piacenza nel 1724 da Ignazio Stern e da Gilardo da Lodi». L’oratore si è infine detto felice dell’esito di un suo studio su Margherita Caffi (verrà pubblicata una monografia), che ha portato a dimostrare come il prof. Arisi avesse ragione nel ritenere che molte opere di quest’artista – a Piacenza tra il 1670-1672 e tra il 1677 e il 1682, anche se gli storici del ‘700 non parlarono mai del periodo piacentino della pittrice – erano state dipinte a più mani, quelle delle sorelle Francesca e Giovanna e del marito.
Ai due relatori, in ricordo della serata, il condirettore generale Pietro Coppelli ha consegnato la medaglia della Banca. Il dott. Coppelli, presentando l’incontro al quale erano presenti le figlie di Ferdinando Arisi Elena e Raffaella, aveva sottolineato il forte legame dello storico dell’arte con la Banca, che lo considerava un punto di riferimento. Tantissime le iniziative realizzate dal popolare Istituto di credito grazie al suo contributo.
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