Fentanyl, definita la “droga degli zombie” per gli atteggiamenti e i comportamenti adottati da chi ne fa uso e per le ulcere che causa al fisico. Una droga che rappresenta un vero allarme sociale per gli Stati Uniti con interi quartieri occupati da tossicodipendenti. Ebbene, uno dei maggiori esportatori abitava proprio a Piacenza. L’uomo è finito in manette al termine di una maxi operazione che ha visto collaborare la guardia di finanza piacentina con la DEA (Drug Enforcement Administration) dello stato dell’Ohio.
In Ohio, tra gli spacciatori di Fentanyl inizia a farsi largo il nome di un certo Carl, che appare subito come una sorta di fornitore. La polizia americana inizia a indagare su questa figura e attraverso intercettazioni telefoniche e accertamenti gli inquirenti realizzano trattarsi di uomo residente in Italia, precisamente a Piacenza. La DEA contatta così la Procura piacentina la quale affida le indagini locali alla guardia di finanza. Le fiamme gialle identificano “Carl” con Gian Carlo Miserotti, 51enne piacentino con precedenti per falsificazione di moneta, specialità che lo aveva portato in passato addirittura a essere protagonista di un servizio delle Iene, su Italia Uno.
LE INDAGINI
Iniziano mesi di appostamenti, riprese video, intercettazioni telefoniche. Man mano si delinea un panorama che ha dell’incredibile, si delinea la figura di un vero e proprio genio del crimine: un profilo versatile, un uomo conoscitore di chimica, leghe metalliche, finanza digitale, informatica, conoscitore di più di una lingua. Una figura di alto profilo criminale, intelligente e abile, ma allo stesso tempo spietato. La guardia di finanza scopre che Miserotti sta dedicando la propria vita al crimine, in particolare su due fronti: lo spaccio internazionale di Fentanyl e, ancora, la falsificazione di monete.
Se di notte intratteneva rapporti con i fornitori di droga in Oriente, di giorno si dedicava proprio a coniare monete false. “Durante questa indagine abbiamo tenuto d’occhio Miserotti: viene da chiedersi quando riuscisse a dormire. Tra droga e falsificazione era impegnato praticamente tutto il giorno”, commentano gli inquirenti.
LO SPACCIO DI FENTANYL
Il perno del traffico internazionale di Fentanyl era il computer di Miserotti. Faceva tutto al pc. Attraverso il dark web era riuscito a conoscere produttori di Fentanyl in India e Cina e da questi produttori acquistava la sostanza. Una volta in possesso del prodotto, l’uomo faceva in modo di renderla invisibile alle dogane e ai servizi di sicurezza aeroportuali. Addirittura, in alcuni casi, era riuscito a far viaggiare la droga dopo aver imbevuto della sostanza fogli di giornale. Una volta arrivato negli Usa, il Fentanyl veniva immesso nelle strade. Miserotti, però, non si limitava a far da intermediario: voleva essere padrone dei propri affari e così ha iniziato a studiare nel dettaglio la chimica dello stupefacente.
Il suo obiettivo era rendere la sostanza ancora più remunerativa. Ma anche meno pericolosa per l’assuntore. Questo, ovviamente, non per un sentimento di umanità, ma per agitare le acque il meno possibile. In Ohio era stato trovato un ragazzo morto per overdose e si era sollevato uno sgradito polverone. La sostanza doveva uccidere il meno possibile e così Miserotti si è ingegnato per renderla meno letale. Il piacentino era una vera e propria personalità di spicco nel mondo della droga oltreoceano: gli inquirenti hanno appurato contatti persino con il tristemente celebre cartello messicano di Sinaloa.
“Abbiamo potuto accertare come le innumerevoli spedizioni dei plichi, contenenti la droga sintetica – intestati a mittenti non rintracciabili e indirizzati a destinatari americani dalle generalità fittizie – di fatto viaggiassero direttamente sulla rotta CINA-USA. In tale ambito le investigazioni hanno permesso di risalire a circa 100 mila dosi confezionate per le singole consumazioni. Inoltre veniva appurato come le transazioni economiche – dal valore complessivo di oltre 250 mila euro – effettuate a saldo delle spedizioni illegali, avvenissero tramite strumenti di pagamento non rintracciabili mediante l’utilizzo di criptovalute (Bitcoin)”, spiegano gli inquirenti.
LA FALSIFICAZIONE DI MONETA
Se Miserotti gestiva il traffico di droga in solitaria, per la falsificazione di moneta aveva allestito una vera e propria squadra. Con lui “lavoravano”, la compagna di origini ucraine, la figlia della donna, due uomini anche loro di origini ucraine. A loro si aggiungeva un uomo rumeno, conosciuto anche lui sul dark web, che si limitava a dare una mano a distanza. In sostanza il piacentino, dopo aver studiato le leghe metalliche e aver raggiunto la perfezione, stampava monete di franchi svizzeri.
Questo per un motivo ben preciso. In Svizzera, dopo aver aperto un conto apposito, è possibile scambiare monete “contanti” trasformandole in bit coin. Esistono allo scopo dei veri e propri sportelli automatici. Una volta inserita materialmente la moneta, questa si trasforma nell’equivalente in bit coin associando il denaro digitale al conto personale. E così Miserotti compiva viaggi in Svizzera finalizzati proprio a fare il cambio. Inseriva le monete da lui stesso forgiate e andava ad arricchire il proprio portafogli bit coin. Il complice rumeno conosciuto sul dark web si occupava poi di trasformare i bit coin in euro che spediva a Miserotti comodamente a casa. Al termine delle indagini anche i complici del piacentino sono finiti in manette.
“Nello specifico il soggetto aveva allestito, presso la propria abitazione, un laboratorio composto da stampanti, tornio, presse idrauliche, fornaci, crogioli per fusione e clique per la realizzazione di monete dall’altissimo pregio qualitativo. Tramite l’ausilio di altri sodali, italiani e stranieri, veicolava sul territorio elvetico sfruttando metodologie di occultamento quali doppi fondi delle vetture o batterie dei monopattini elettrici. Giunte in Svizzera, le monete contraffatte entravano nel circuito legale attraverso l’utilizzo di macchine automatiche per le scommesse sportive, o gli ATM bitcoin. La riproduzione della valuta era talmente perfetta – per peso, calibratura e dimensioni – da sfuggire alle verifiche delle apparecchiature automatizzate presenti nello Stato elvetico. La riconversione dei bitcoin in euro era compito di altri soggetti dell’Est Europa. Una volta conclusa l’operazione di riciclaggio, provvedevano alla restituzione, al falsario piacentino, della somma “ripulita” decurtata della percentuale del 7%”.
IL TERMINE DELLE INDAGINI
Terminate le indagini e raccolto tutto il materiale probatorio, i finanzieri hanno poi proceduto all’esecuzione dei citati provvedimenti cautelari e ad altre diverse perquisizioni, disposte dall’Autorità Giudiziaria, che hanno interessato, oltre all’Emilia Romagna, anche la Lombardia e il Veneto. Dei sette soggetti destinatari di ordinanza di custodia cautelare, cinque sono stati catturati nei giorni precedenti. Uno è finito in manette presso il valico di Basovizza (TS) ed uno, tuttora latitante, è stato inserito nel sistema informatico di cooperazione internazionale per il rintraccio e arresto.
L’esito delle attività di polizia giudiziaria, eseguite in Italia, ha consentito, inoltre, di sequestrare circa 300 mila euro in contanti, circa 26mila euro in bitcoin, 70 dispositivi informatici e 3 orologi di pregio. Oltre a un immobile, con relative pertinenze, e a tutta la strumentazione atta alla contraffazione della valuta. Le attività investigative effettuate oltre oceano si sono concretizzate in 11 perquisizioni che hanno portato all’arresto di altrettanti soggetti e al sequestro di 2 kg di sostante stupefacenti sintetiche, di 1 kg di marijuana e armi.
LA COLLABORAZIONE TRA ITALIA E USA
Nell’ambito della cooperazione internazionale, garantita dalla D.C.S.A. – Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno – le operazioni effettuate in territorio italiano hanno visto la partecipazione di alcuni esponenti istituzionali americani. Insieme a loro gli agenti appartenenti alla D.E.A. statunitense in veste di osservatori. Successivamente le attività operative si sono spostate in U.S.A. dove alcuni finanzieri del Reparto operante piacentino e appartenenti alla D.C.S.A. hanno preso parte, anch’essi in qualità di osservatori, alle operazioni di polizia condotte dai colleghi americani.
“Le operazioni investigative consolidano il ruolo centrale del Comando Generale della Guardia di Finanza quale punto di riferimento per la valorizzazione della proiezione internazionale del Corpo nella lotta alla criminalità economico-finanziaria. Criminalità che opera, oramai, sistematicamente a livello globale. Le attività in argomento testimoniano, altresì, l’importanza delle sinergie, della condivisione delle informazioni e dello spirito di collaborazione internazionale tra Magistrature e forze di polizia di Stati diversi. Collaborazione indispensabile per intercettare e contrastare efficacemente e organicamente ogni forma di illegalità che abbia riflessi e radicalizzazione oltre i rispettivi confini nazionali”.
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