Il Salone monumentale della Biblioteca Passerini Landi ospiterà la presentazione del libro “Gli orrori della Caserma Levante. Quando l’ossessione per il risultato favorisce il crimine” di Federica Angeli, edito da Baldini e Castoldi, per il ciclo “Cooperiamo in Biblioteca” in collaborazione con Librerie Coop Piacenza. In dialogo con l’autrice, giornalista di cronaca nera e giudiziaria del quotidano “La Repubblica”, lo scrittore Gabriele Dadati.
Il libro-inchiesta, avvalendosi di fonti di prima mano, documenti processuali, testimonianze e interviste, mira a fare luce su una vicenda che ha scosso l’opinione pubblica e il territorio, ripercorrendo le tappe delle indagini condotte dalla Procura di Piacenza in merito agli illeciti commessi da alcuni componenti dell’Arma in servizio presso la Caserma di via Caccialupo.
Come nasce la decisione di scrivere questo libro?
“Avendo sempre scritto di inchieste avvenute nel mondo di sotto, per utilizzare un termine coniato dal criminale Massimo Carminati, avevo voglia di salire di livello e fare inchieste nel marcio che purtroppo c’è anche nel mondo di sopra. Il Covid, poi, ha un po’ seppellito questo caso che secondo me è di una gravità unica, perché è la prima volta nella storia del nostro paese che una caserma viene messa sotto sequestro”.
Un caso come questo come può impattare sulla fiducia che i cittadini hanno nelle forze dell’ordine?
“I carabinieri hanno sempre costituito un porto sicuro per i cittadini proprio come istituzione: ma dopo il caso Cucchi diciamo che tra i cittadini si era già venuto a creare dello sconforto verso questo corpo. Però l’italiano ha la memoria corta. Farà comunque tesoro di questi casi, casi che per fortuna costituiscono delle eccezioni, però un po’ di fiducia i cittadini l’hanno sicuramente persa. E io spero che con questo libro l’Arma dei carabinieri faccia un minimo di autocritica capendo che i colpevoli non sono solo i militari finiti nell’inchiesta: se nessuno davvero ha visto o sentito nulla di quello che accadeva non va bene, è necessario fare più attenzione a come si comportano i carabinieri che sono in prima linea a contatto coi cittadini”.
Una domanda un po’ psicologica: come è possibile che quei fatti fossero commessi da un gruppo e non da parte di un singolo? Intendo dire, cosa scatta nella mente dei colleghi nel momento in cui potrebbero dire “Io non ci sto”?
“Diciamo che sociologicamente avviene quello che avviene anche a scuola col bullismo, l’attrazione per il male e il senso di impunità che hanno anche gli adolescenti. Qui c’è stato quel senso di potere, la consapevolezza di avere il coltello dalla parte del manico: questi personaggi si sono sentiti dei “padri eterni”, in grado di tenere sotto scacco una città perché insospettabili indossando una divisa. E soprattutto il comando di fare arresti e fare numeri, e soprattutto gli encomi che ricevevano a fine mese sono stati l’incentivo”.
Federica Angeli, insignita nel 2015 del titolo di Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana per il suo impegno nella lotta alle mafie, vive sotto scorta dal luglio 2013 a seguito delle minacce ricevute per le sue inchieste sulla mafia romana. Tra i suoi libri, “Cocaparty” e “Rose al veleno, stalking”, entrambi pubblicati da Bompiani e scritti con Emilio Radice, “Io non taccio” (2015) e “Il mondo di sotto. Cronache della Roma criminale” (Castelvecchi, 2016), “A mano disarmata. Cronaca di millesettecento giorni sotto scorta” (Baldini e Castoldi, 2018).
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