Undici indagati e sequestri di beni e aziende per 13 milioni di euro. Contestati i reati di bancarotta fraudolenta e appropriazione indebita aggravate, riciclaggio, autoriciclaggio, trasferimento fraudolento di valori. E’ il risultato della complessa operazione della guardia di finanza.
I fatti affondano le proprie radici nel periodo tra il 2007 e il 2010: gli amministratori erano finiti nel mirino per false fatturazioni per un importo pari a 6 milioni e 510 mila euro. A causa della grave situazione debitoria venutasi a creare dopo l’inchiesta, i soggetti coinvolti hanno avviato la messa in liquidazione nell’anno 2013. L’obiettivo era impedire al Fisco il recupero delle somme indebitamente sottratte. Hanno così creato una nuova realtà aziendale nel 2010, ripulita dalle situazioni pendenti in capo alla società preesistente. Società che però ricalcava in tutto quella precedente, come clienti e tecniche produttive. L’amministratore aveva come unico scopo quello di trasferire dipendenti specializzati, beni strumentali e competenze alla nuova società, rappresentata legalmente da un parente stretto.
Ennesimo fatto di cronaca a Piacenza; Lo scorso primo aprile, la Guardia di Finanza era intervenuta per requisire munizioni per fucili e pistole e 25 pugnali.
Nel dettaglio, l’iter si è concretizzato nella vendita di beni strumentali da parte della società fallita alla neocostituita. Per fare questo ha orchestrato una finta separazione con la moglie (per poter trasferire beni) e una finta causa legale con la figlia.
Le indagini della guardia di finanza hanno permesso di evidenziare la connessione tra la vecchia e la nuova realtà aziendale. Ulteriori indagini hanno permesso di ricondurre alla disponibilità degli indagati un immobile di notevole pregio, del valore di circa 2 milioni e 600 mila euro. L’immobile era stato acquistato grazie a una società costituita ad arte, mediante l’interposizione di una fiduciaria parmense e il coinvolgimento attivo di un noto commercialista piacentino. Obiettivo era schermare la provenienza illecita del denaro distratto dalle casse della società fallita.
Una volta dichiarato il fallimento su istanza del Pubblico Ministero presso la Procura della Repubblica di Piacenza nel 2018, gli indagati hanno tentato di accedere alla procedura del concordato preventivo, ripianando contestualmente la loro posizione debitoria avvalendosi della cosiddetta pacificazione fiscale con il pagamento di 2 milioni e 357 mila euro. I soggetti coinvolti hanno formulato la domanda all’Agenzia delle Entrate prelevando le somme dovute dai conti correnti intestati alla nuova società, facendole prima transitare su un conto intestato a un professionista per occultarne la provenienza.
Oltre all’immobile ligure, sotto sequestro è finito anche un capannone utilizzato dalla società, del valore di circa 8,5 milioni di euro. Sui conti correnti intestati agli indagati e alle nuove società, sono stati invece sottoposti a misura circa 530 mila euro.
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