«L’augurio è che tutti possano presto vedere l’Ecce Homo e il Klimt, i due dipinti più importanti della vostra città e che Piacenza possa così diventare una capitale della cultura italiana, così come lo sarà Parma nel 2021».
E’ l’auspicio con il quale Vittorio Sgarbi ha chiuso questo pomeriggio, 28 novembre, il suo intervento alla cerimonia inaugurale dell’Ostensione dell’Ecce Homo a Palazzo Galli, organizzata dalla Banca di Piacenza in collaborazione con l’Opera Pia Alberoni, trasmessa in diretta streaming e a cui hanno partecipato il sottosegretario ai Beni culturali Lorenza Bonaccorsi e il presidente della Commissione Cultura del Senato Riccardo Nencini. Il critico d’arte ha ribadito la sua sensazione (espressa la sera precedente all’inaugurazione della collezione Ghittoni, sempre a Palazzo Galli) che dal 4 dicembre si potranno riaprire i musei.
A fare gli onori di casa il presidente del Cda dell’Istituto di credito di via Mazzini Giuseppe Nenna, che ha ringraziato il Collegio Alberoni per la preziosa collaborazione e il presidente esecutivo della Banca Corrado Sforza Fogliani per aver con forza voluto questa iniziativa. In rappresentanza dell’Opera Pia ha portato i suoi saluti il presidente Giorgio Braghieri, che ha ricordato come da quasi un secolo la tavoletta di Antonello non tornava in centro storico.
Nel ringraziare la Banca, il dott. Braghieri ha spiegato il significato di questa esposizione: «L’eccezionale presenza a Palazzo Galli di un’opera che così bene esprime il dolore, in un momento così delicato per la pandemia che ha drammaticamente travolto Piacenza, vuole essere un segno di vicinanza alle famiglie più colpite».
Gli interventi – orchestrati da Robert Gionelli – sono stati aperti dal sottosegretario Bonaccorsi, collegata da Roma. «E’ un esempio per tutti – ha sottolineato – una esposizione di grande livello allestita senza contare su mezzi pubblici né della comunità, e questo è per noi motivo di grande soddisfazione».
Il senatore Nencini dal canto suo ha osservato come molte altre banche abbiano «rinunciato a fare mecenatismo culturale, a differenza della Banca di Piacenza che continua a sostenere l’arte e la bellezza».
La restauratrice Francesca De Vita, che da 17 anni si prende cura del capolavoro quattrocentesco, ha ricordato la fragilità della tavola, che dal 2002 è stata posta, all’Alberoni, in una teca microclimatizzata per mantenerne costante temperatura e umidità (anche a Palazzo Galli una speciale teca protegge il dipinto nelle condizioni climatiche ideali). La dott. De Vita ha quindi citato uno studio del Cnr che ha scoperto cose particolarissime, come il colore degli occhi in origine più chiaro.
«Gli occhi visti da vicino ora sono blu – ha detto Sgarbi – profondi e lontani. Il dipinto piacentino, più degli altri Ecce Homo, esprime la delusione, lo sconforto di un uomo che si interroga sul suo destino come se chiedesse a noi di rassicurarlo in un drammatico avvicendamento. In questo senso Antonello da Messina è il primo pittore della realtà che diventa identità: e la realtà è rappresentata da Dio che rinuncia alla sua condizione (più facile) per diventare uomo, ponendosi in una situazione di maggior difficoltà».
Terminati gli interventi, gli ospiti si sono spostati nella sala di esposizione dell’Ecce Homo e hanno potuto ammirarlo in tutta la sua bellezza.
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