I disturbi dell’alimentazione e della nutrizione colpiscono un soggetto, ma coinvolgono tutto il suo nucleo familiare e sociale. Uscire dal tunnel è possibile, a patto che tutte le tessere del mosaico prendano il loro posto e facciano la loro parte dalla sanità fino alla famiglia e alla scuola.
Dalla necessità di mettere al centro famiglia e scuola ha preso le mosse la riflessione del convegno dal titolo “I disturbi dell’alimentazione e della nutrizione (Dna): il ruolo della famiglia e della scuola” organizzato dall’Ausl di Piacenza e l’associazione Puntoeacapo in occasione della Giornata del fiocchetto lilla che si è svolto nella cornice di sala Colonne all’Ospedale di Piacenza.
Una mattinata di confronto e informazione corale aperta da Anna Maria Andena, direttore del distretto città di Piacenza che ha sottolineato il ruolo delle Cure primarie sul territorio come “cura, ma anche assistenza e supporto, soprattutto quando si tratta di disturbi dell’alimentazione e della nutrizione. Fenomeno che preoccupa per tre fattori: la rapida crescita avuta negli ultimi due anni; il superamento della differenza di genere; la flessione nell’età della comparsa di primi sintomi che sempre più coinvolge bambini sotto i 10 anni”.
Fare il punto sui numeri a Piacenza è spettato a Massimo Rossetti, direttore di Neuropsichiatria e psicologia infanzia e adolescenza e responsabile del percorso diagnostico e terapeutico creato dalla Ausl che, non potendo partecipare di persona ha lasciato un video messaggio per l’occasione in cui ha evidenziato come l’Azienda Usl di Piacenza abbia in carico 195 soggetti di cui 77 inseriti nel percorso diagnostico terapeutico assistenziale.
Oltre la metà dei pazienti (55%) ha tra i 16 e i 20 anni e il 23% sono giovanissimi tra i 12 e i 15 anni: quindi abbiamo il 70% dei pazienti è in età evolutiva senza contare tutti quelli esclusi dal percorso perché al di sotto dei 12 anni. La presa in carico del paziente comprende sia approcci soma – di cura del corpo – sia psico – di cura della mente. “L’integrazione tra professionisti è, quindi sia dipartimentale, sia extra dipartimentale coinvolgendo neuropsichiatria infantile, il servizio di dipendenza patologica, emergenza psichiatrica, ma anche Pediatria che centro di riferimento per l’Area Vasta per la riabilitazione organica dei pazienti affetti da grave malnutrizione per la fascia di età 0-18 anni, Gastroenterologia e Geriatria che ospita l’ambulatorio dei Disturbi comportamenti alimentari/Malattie metaboliche e il Day Service”.
La dottoressa Mara Negrati, medico nutrizionista e presidente dell’associazione Puntoeacapo ha sottolineato l’importanza di “saper leggere tra le righe, perché spesso il disagio non è manifesto e avere un occhio attento ai cambiamenti riguardo la relazione con il cibo, il corpo e l’umore può facilitare l’intercettazione precoce dei disagio. La famiglia gioca, quindi, un ruolo determinante nella buona riuscita del recupero dei ragazzi: ma per essere cardine della regressione della malattia è necessario che il nucleo familiare sia supportato e guidato”.
Ma come si chiede aiuto se ci si riconoscono i sintomi di un disturbo dell’alimentazione? “Attraverso la rete sanitaria sia territoriale sia ospedaliera – ha sottolineato la dottoressa Jessica Rolla, medico nutrizionista dell’Ausl di Piacenza e responsabile dell’ambulatorio dei Disturbi comportamenti alimentari/Malattie metaboliche – che comprende medici di famiglia e pediatri, ambulatori specializzati, terapia ambulatoriale intensiva fino ad arrivare alla riabilitazione intensivo e, quando necessario al ricovero ospedaliero.
Da tempo è inoltre attivo il percorso lilla in Pronto soccorso che consente l’attivazione immediata del percorso di valutazione da parte dello specialista e l’avvio, quando necessario, alla presa in carico. Nel 2022 l’ambulatorio ha valutato 160 nuove visite effettuate per valutazioni mediche per sospetto disturbo del comportamento alimentare. Ventotto pazienti con diagnosi di disturbo alimentare. Undici entrate nel percorso terapeutico. Altre 60 mantenute in follow up per monitoraggio. Nel 2023 abbiamo già effettuato 12 valutazioni effettuate di cui quattro diagnosi con diagnosi già accertata”.
Il biologo nutrizionista Alessandro Rampulla è entrato nel dettaglio della riabilitazione psiconutrizionale partendo dal chiarire il ruolo di “leptina e grelina, due ormoni che regolano, rispettivamente, il senso di sazietà e l’appetito. Quando una paziente dice che non ha fame è vero, perché nel suo organismo l’equilibrio tra leptina e grelina è alterato. Il pasto assistito, oltra a un’importante componente di supporto psicologico nel momento più delicato, è funzionale a riequilibrare il bioritmo della fame e della sazietà. Nel 2021 abbiamo erogato 1070 pasti assistiti, numero che nel 2022 dopo la pandemia e le conseguenze psicologiche che ha avuto è salito a 2015. Nel 2023 abbiamo già registrato 500 pasti”.
“Non possiamo pensare di curare i ragazzi senza prenderci cura della famiglia – ha evidenziato la psicologa psicoterapeuta Giulia Bensi che ha illustrato i percorsi di parent training e dei gruppi Maudsley – che rappresenta una risorsa primaria per l’intercettazione dei campanelli di allarme, ma soprattutto deve essere indirizzata alla corretta gestione dell’iterazione con i proprio figli trasmettendo interesse, fiducia e conferme senza essere troppo critici o ossessionati”.
Famiglia quindi come luogo di cura e guarigione. Famiglia come luogo di conforto, ma anche come soggetto necessario di cura e guida. A portare la testimonianza di chi sta dall’altra parte, quella di chi è accanto al malato, si sono unite le voci di Stefania – mamma di una ragazza che 25 anni fa è caduta nell’inferno dell’anoressia e che dopo 11 ricoveri “oggi convive con la malattia e sorride” – e di Stefano Bertomoro, vicepresidente del coordinamento nazionale Disturbi alimentari affiancato da Alessandra Sozzi.
“Questa malattia – ha esordito Bertomoro presentato il lavoro dei gruppi di auto mutuo aiuto – è una bomba atomica che scoppia nel cuore di una famiglia. Il mutuo aiuto è uno dei fattori di salvezza perché qui i genitori trovano conforto, ascolto, aiuto”.
Anche la scuola può giocare un ruolo importante nella prevenzione e nella cura. Le psicologhe e psicoterapeute Elisa Bisagni e Anna Vecchia hanno illustrato come si possa fare prevenzione dei disturbi del comportamento alimentare attraverso l’educazione al senso critico rispetto ai social e ai modelli che troppo spesso vengono trasmessi attraverso questi canali. “Con il progetto I like myself – ha sottolineato la dottoressa Bisagni – lavoriamo su fattori di rischio promuovendo la partecipazione attiva dei ragazzi nello sviluppo di una visione realistica dei messaggi trasmessi”.
“La scuola ha un ruolo attivo nei confronti dell’ascolto – ha evidenziato la dottoressa Vecchia – i professori chiedono di essere formati e in molti istituti superiori, oltre alla presenza di uno psicologo è stato attivato uno sportello dedicato”.
La professoressa Giorgia Spoto ha portato l’esperienza del liceo artistico Cassinari che da tempo ha attivato percorsi di ascolto e supporto. Per l’occasione sono state esposte alcune opere fotografiche realizzate dagli studenti.
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