Attualità

Disastro del Pendolino, commemorazione del Dopolavoro ferroviario

Il 12 gennaio 2020, ricorre l’ anniversario del disastro del Pendolino alla stazione di Piacenza; anche quest’anno il Dopolavoro Ferroviario Piacenza organizza la Commemorazione delle otto vittime di quel drammatico incidente. Incidente che ha lasciato tracce indelebili nella memoria della nostra città.

In allegato trasmetto la locandina con il programma dell’iniziativa.

La tragedia

L’incidente ferroviario avvenne una domenica di 19 anni fa e causò 8 vittime; Agatina Carbonara, Gaetano Morgese; Francesco Ardito, Pasquale Sorbo, Lorella Santone, Lidio De Santis, Carmela Landi, Cinzia Assetta. Erano macchinisti, poliziotti, hostess e passeggeri dell’Etr Botticelli.

A bordo dell’ ETR 460 c’era anche il Presidente della Repubblica Francesco Cossiga, rimasto illeso.

Un guasto o una “boa” per la ripetizione dei segnali piazzata male sono tra le ipotesi del disastro; un dolore che però è ancora vivo nel ricordo, oltre che dei familiari delle vittime, anche della città di Piacenza.

Il Pendolino, in servizio il 12 gennaio 1997 sulla tratta Milano-Roma, partì alle 12:55 dalla stazione di Milano Centrale con 167 passeggeri a bordo; alle ore 13:10 effettuò una sosta tecnica per il bloccaggio di una porta guasta, ma riprese la corsa poco dopo.

Alle 13:26 nell’imboccare la curva di ingresso della Stazione di Piacenza, a circa 400 metri dall’asse del fabbricato viaggiatori, la carrozza di testa si ribaltò, colpendo poi alcuni pali di sostegno della linea aerea e spezzandosi in due. Delle carrozze successive, 6 deragliarono e solo le ultime due rimasero sul binario.

Morirono i due macchinisti in servizio, due agenti della Polfer, due hostess e due viaggiatrici. A bordo del treno si trovava anche il senatore a vita Francesco Cossiga, ex presidente della Repubblica, che uscì illeso.

Cause ancora da accertare

Le prime notizie diffuse dalla stampa parlarono di eccessiva velocità del treno e ipotizzarono lo stato di ubriachezza dei due macchinisti. Tale tesi non ebbe seguito al processo in carenza di elementi probatori. Alcune associazioni sindacali di categoria ipotizzarono la frattura dell’albero di trasmissione anteriore della motrice di testa, che sarebbe caduto sul binario, impuntandosi e sollevando quindi il veicolo. Il pezzo in questione sul treno incidentato era già stato oggetto di riparazioni; era in corso presso lo stabilimento di Savigliano una verifica sull’intera flotta di ETR.480.

Tuttavia tale causa si rivelò da escludere; FIAT Ferroviaria aveva da poco effettuato modifiche agli alberi di trasmissione delle motrici. Inoltre per non rischiare che eventuali rotture di uno degli alberi causassero deragliamenti (fenomeno noto anche come “salto con l’asta”), si decise di ingabbiare gli alberi stessi in una griglia di contenimento in acciaio. Ciò rende impossibile l’impuntamento di tale parte meccanica nel terreno in caso di rottura, per cui l’incidente non può essere attribuito a tale guasto.

A causare l’incidente, secondo gli ultimi rilievi, l’eccessiva velocità del treno; il rilievo tachigrafico sulla carrozza di testa mostrava oltre 160 km/h, nonostante in quel tratto vigesse il limite di 105 km/h, il più basso di tutta la linea Milano-Bologna, dovuto proprio alla presenza di quella curva.

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