Daniele Capezzone a Piacenza per raccontare come ha perso la pazienza: con la sinistra, ma anche con certa destra. E da buon giornalista, non solo lo ha detto ma lo ha messo per iscritto nella sua ultima fatica editoriale E basta con ‘sto fascismo, pubblicato dalle Edizioni Piemme, presentata al PalabancaEventi per iniziativa dei Liberali Piacentini, in una Sala Sforza Fogliani gremita.
Antonino Coppolino, presidente dell’Associazione di via Cittadella – che ha illustrato il volume in dialogo con l’autore – ha ringraziato la Banca di Piacenza per l’ospitalità.
Cosa che ha fatto anche il direttore editoriale di Libero, aggiungendo di essere lieto di trovarsi “in una sala dedicata a un gigante”. Nel volume, l’apprezzato commentatore sulle reti televisive Mediaset stigmatizza l’ossessione che a suo parere rappresenta il fascismo per la sinistra: “Ogni episodio, non importa se vero, verosimile, presunto, inventato, che possa essere funzionale a infilare a forza una metaforica camicia nera alla destra è immediatamente esaltato e ingigantito a sinistra. Quando invece sono i collettivi di sinistra a calpestare con la violenza la libertà di parola altrui (è accaduto proprio a Capezzone alla Sapienza, ndr), allora scatta il riflesso di minimizzare”.
“I comunisti – ha affermato con il sorriso il direttore di Libero – non cambiano mai. Non sono più vestiti come Peppone, si presentano bene, ma la forma mentis resta la medesima: a loro non piace la famiglia e nemmeno la proprietà, adorano invece le tasse. E, aggiungo, non ne hanno azzeccata una da decenni”.
Come accennato, ce n’è anche per la destra. «Spesso troppo timida, disorientata e confusa – ha argomentato l’autore – sul senso della battaglia da ingaggiare. Cari intellettuali di destra – ha rincarato il giornalista – avete rotto pure voi quando vi ponete il dubbio se sia meglio il sistema occidentale rispetto a quello cinese o islamico. Giorgia Meloni sta facendo un percorso spettacolare, ma gli intellettuali di quella parte politica sono indietro chilometri. Non si pretende che abbiano sul comodino Hayek piuttosto che Friedman, ma che si dedichino a rompere la cappa della cultura di sinistra, che ci ha oppresso per 50 anni, aprendo il mercato delle idee, così come si apre la finestra di casa per cambiare aria. E non sostituendo la cappa con le “cappette” dei loro amici. Sarebbe il momento di far vedere che c’è un’alternativa, ma ho la sensazione che di cose robuste non ne siano state messe in campo».
Tanti gli argomenti affrontati nel libro e ricordati nel corso della presentazione. Come, ad esempio, “l’arroganza della sinistra, che rifiuta il confronto”. “Se sei sicuro delle tue idee – ha commentato Capezzone – non ti passa neanche nell’anticamera del cervello di imbavagliare gli altri perché non vuoi o non sei in grado di misurarti”.
Ancora, accenni sono stati fatti sul movimento woke americano “tifosi” di quello che è per noi il politicamente corretto. «Un virus pericoloso specialista – ha spiegato l’illustre ospite – in linciaggi morali, censure, violenze fisiche e morali nelle università, insopportabile per strutture finanziate dai contribuenti”; su come l’Unione europea condizioni le nostre vite con provvedimenti (su case green, auto, pesca, allevamenti) definiti da Capezzone “cose da pazzi stabilite da commissari che non hanno neanche la nostra delega espressa attraverso il voto”.
Il direttore editoriale di Libero non ha usato mezzi termini nemmeno nei confronti del fanatismo ambientalista. “Religiosità farlocca con Greta che è arrivata a dirci che stavamo peccando contro il pianeta. I giovani “ambientalisti” si fanno chiamare ultima generazione, ad intendere che dopo di loro sarà la fine del mondo. Mi chiedo, possiamo consegnarci ad una irrazionalità che grida vendetta? E che, oltretutto, è un cavallo di Troia per far passare ricette socialiste e comuniste? Dico di no e penso sia necessario organizzare una ribellione morale a questo stato di cose”.
Dopo qualche riflessione su pandemia e intelligenza artificiale, Capezzone ha concluso parlando della scuola: «Noi liberali – il suo pensiero – siamo favorevoli a ogni tipo di concorrenza: tra scuola pubblica e privata; tra istituti privati e anche tra scuole pubbliche. Credo però che si debba dare la possibilità a una famiglia non abbiente di mandare i figli in una scuola privata costosa; e questo lo si può fare attraverso un vaucher. La sinistra non è d’accordo. Sapete perché? Perché la scuola pubblica la considerano “cosa loro” e perché così finirebbe l’indottrinamento delle giovani generazioni attraverso, appunto, la “cosa loro”.
Ai numerosi intervenuti è stato consegnato il volume e l’autore si è volentieri prestato al consueto rito del firma-copia.
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