“Santa Maria di Campagna crocevia di artisti in una città crocevia di stimoli culturali”, il critico d’arte Georg Duhr ha definito “sublimi” gli affreschi del Pordenone

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I numerosi studi pubblicati dalla Banca di Piacenza (dal 1995) sono lì a dimostrarlo: la nostra città è stata, nel passato, crocevia di artisti (ma anche di mercanti e banchieri) trovandosi lungo gli itinerari di pellegrinaggio europei. E crocevia di artisti è stata Santa Maria di Campagna, alla cui decorazione – concepita come un grandioso inno per immagini innalzato alla gloria della Vergine – parteciparono, tra ‘500 e ‘800, valenti pittori e scultori di varie provenienze. Di loro ha trattato questa sera il critico d’arte Georg Duhr nell’incontro che si è tenuto nella Biblioteca del Convento, nell’ambito delle Celebrazioni dei 500 anni della Basilica mariana promosse dalla Comunità francescana e dall’Istituto di credito di via Mazzini, entrambi elogiati dal relatore (la prima per la cura che ha della chiesa, i secondi per le innumerevoli interventi di valorizzazione delle bellezze della Basilica compiuti in questi anni).

Introdotto dal presidente del Comitato organizzatore dei 500 anni Pietro Coppelli (che al termine della serata e in ricordo di essa ha consegnato all’ospite la Medaglia della Banca), Georg Duhr ha definito la nostra città «crocevia di stimoli culturali» e, entrando in argomento, è partito col descrivere le opere di Antonio de’ Sacchis, «tra i miei pittori prediletti – ha confessato – per l’impatto dirompente del suo stile pittorico, che definirei vulcanico». Dopo aver descritto gli interventi del Pordenone in Santa Maria di Campagna (la Cupola maggiore, le Cappelle di Santa Caterina e della Natività, il Sant’Agostino e il Dio Padre nel lanternino), il critico d’arte si è soffermato su Bernardino Gatti detto il Sojaro (autore del tamburo della Cupola e del San Giorgio) ma soprattutto sui dipinti ad olio di forma rettangolare («dei quali si parla poco») del fregio dedicato alle eroine del Vecchio Testamento (tra i quali c’è anche un Guercino riscoperto da Vittorio Sgarbi), alcuni realizzati da grandi pittori emiliani (Camillo Gervasetti, modenese, Alessandro Tiarini, faro della pittura bolognese) e, tra gli altri, da Benedetto Marini di Urbino.

Ma sono tanti gli artisti che hanno contribuito ad abbellire la Basilica tanto cara ai piacentini: Francesco Mochi con la statua di Ranuccio Farnese, il Geernaert con la Crocifissione, Galeazzo, Giulio e Bernardino Campi, Camillo Procaccini, Malosso, De Longe, Bibiena, Stern, Avanzini.

Tornando al Pordenone, Georg Duhr ha definito «sublimi» gli affreschi realizzati dall’artista friulano in Santa Maria di Campagna, «chiesa che amo pur non abitando a Piacenza».

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