Il telefono non suona fatta eccezione per le chiamate di disdetta. E pensare che proprio in questa settimana con le lauree nelle università erano attesi i pienoni. “Alcuni studenti ci chiamano in lacrime, dopo la laurea avrebbero dovuto partire per stage all’estero e invece con le università chiuse è tutto bloccato” spiega Elisabetta Azzalin di Terranostra Piacenza, la rete degli agriturismi Coldiretti. Una ituazione in sofferenza per le aziende agrituristiche, ma anche per quelle che partecipano ai mercati di Campagna Amica, la cui sospensione a Piacenza rientra tra le varie misure restrittive per contrastare la diffusione del coronavirus.
“Nel negozio del caseificio aziendale– prosegue Azzalin, che conduce con la famiglia l’azienda “Molino Fuoco” di Podenzano- abbiamo ricevuto qualche cliente nuovo, che ci sta preferendo agli ambienti con grandi concentrazioni di persone. Per quel che riguarda l’agriturismo però le cancellazioni proseguono dallo scorso venerdì, una perdita molto ingente. Da sempre siamo molto attenti alla pulizia degli ambienti. In azienda e negozio abbiamo posizionato i prodotti disinfettanti per le mani e cerchiamo di prestare la massima attenzione, senza cedere a panico e allarmismi”.
Stessa situazione all’agriturismo “Tenuta di Casteldardo” di Besenzone: “Questa settimana – spiega Paola Minardi – avremmo dovuto ospitare feste di laurea e gruppi, ma dallo scorso fine settimana riceviamo chiamate di disdetta. E vale lo stesso per i pernottamenti. Speriamo che la situazione possa risolversi in tempi brevi per tornare tutti alla normalità. Tra le incognite c’è naturalmente Pasqua, difficile fare programmi oggi”.
Spesso situati in zone isolate della campagna in strutture familiari lontano dagli affollamenti, con un numero contenuto di posti letto e a tavola, gli agriturismi sono forse il luogo più sicuro in Italia per difendersi dal contagio, fuori dalle mura domestiche.
Tuttavia, secondo i monitoraggi Coldiretti si sta registrando un calo del 50% delle presenze con addirittura un azzeramento nelle aree del Veneto e della Lombardia più vicine alle zone rosse, come il territorio piacentino.
Le difficoltà –commenta Coldiretti Piacenza – si estendono quindi all’intera area della pianura padana dove nasce oltre 1/3 del Made in Italy agroalimentare, direttamente condizionato dall’emergenza coronavirus nell’attività produttiva e commerciale.
A preoccupare sono anche le speculazioni in atto sui prodotti agroalimentari Made in Italy in alcuni Paesi dove vengono chieste senza ragione certificazioni sanitarie su merci come la frutta e la verdura provenienti dall’Italia. Serve un intervento delle autorità nazionali e comunitarie – afferma il direttore Claudio Bressanutti – per fermare pratiche insensate che rischiano di far perdere quote di mercato importanti alle produzioni nazionali per colpa di una concorrenza sleale che mira a screditare i prodotti dall’Italia che sono sani e garantiti come prima.
Il sistema agricolo sta già pagando un prezzo pesante alla crisi generata dal coronavirus, per questo è importante dare sostegni immediati alle imprese attraverso sgravi fiscali e contributivi con il rinvio di pagamenti, compensazioni previdenziali delle giornate di lavoro perse e – conclude la Coldiretti – attivazione degli ammortizzatori sociali per i lavoratori nonché la proroga delle scadenze dei piani di sviluppo rurale regionali e nazionale, favorendo al tempo stesso i contratti di filiera per garantire prezzi equi agli agricoltori.
COLDIRETTI, 100MILA MUCCHE E MAIALI IN ZONA ROSSA
Con l’emergenza coronavirus sono circa 500 le aziende agricole e le stalle confinate insieme a centomila mucche e maiali negli undici comuni della zona rossa fra Lombardia e Veneto a causa dei provvedimenti restrittivi adottati in aree a forte vocazione agricola tra allevamenti, seminativi, vigneti, agriturismi e cantine. È quanto emerge da un monitoraggio della Coldiretti che denuncia anche speculazioni sui prodotti, dal vino all’ortofrutta, che vengono dai territori più colpiti dai contagi con effetti sociali, economici ed occupazionali. Nell’area rossa – sottolinea la Coldiretti – è necessario garantire una adeguata assistenza nelle stalle, alle strutture e agli animali, ma anche assicurare la disponibilità della forza lavoro nei campi con le necessarie deroghe per la movimentazione delle persone, del bestiame, degli alimenti deperibili, della produzione casearia con l’uscita degli automezzi con il prodotto trasformato verso piattaforme logistiche, impianti di confezionamento, stabilimenti di stagionatura e/o attività commerciali. Le difficoltà – continua la Coldiretti – si estendono in realtà all’intera area della pianura padana dove nasce oltre 1/3 del Made in Italy agroalimentare, direttamente condizionato dall’emergenza coronavirus nell’attività produttiva e commerciale. A preoccupare – denuncia la Coldiretti – sono anche le speculazioni in atto sui prodotti agroalimentari Made in Italy in alcuni Paesi dove vengono chieste senza ragione certificazioni sanitarie su merci, dal vino alla frutta e la verdura soprattutto provenienti dalla Lombardia e dal Veneto, ma ci sono state anche assurde disdette per forniture provenienti dalla rossa. La Coldiretti chiede misure di sostegno alle attività più duramente colpite attraverso fondi per il crollo di presenze in agriturismo, sgravi fiscali e contributivi con il rinvio di pagamenti, compensazioni previdenziali delle giornate di lavoro perse e – conclude la Coldiretti – attivazione degli ammortizzatori sociali per i lavoratori nonché interventi per colpire le pratiche commerciali sleali che frenano le esportazioni ed un piano promozionale sulla sicurezza q e qualità del made in Italy alimentare all’estero. “Serve un impegno delle autorità nazionali e comunitarie per fermare pratiche insensate che rischiano di far perdere quote di mercato importanti alle produzioni nazionali per colpa di una concorrenza sleale che mira a screditare i prodotti dall’Italia che sono sani i garantiti come prima” ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “si tratta di comportamenti ingiustificati che mettono a rischio la libera circolazione delle merci anche all’interno dell’Unione senza alcuna valida motivazione scientifica e vanno a colpire un settore strategico del made in Italy come l’agroalimentare che cresce all’estero ed esporta oltre 42 miliardi di euro”.
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