Confindustria presenta i risultati dell’indagine congiunturale sull’andamento dell’industria nel II° semestre 2022 e sulle previsioni per il I° semestre 2023.
I dati sono stati elaborati dall’Ufficio Studi di Confindustria Piacenza, partendo da un campione altamente significativo di aziende piacentine, tra quelle associate a Confindustria Piacenza. I punti salienti dell’indagine verranno illustrati da Giulia Silva, funzionaria dell’ufficio economico, e commentati dal presidente Francesco Rolleri e dal direttore Luca Groppi.
“I risultati sono estremamente positivi, tenendo conto della situazione internazionale”, commenta Rolleri.
In effetti il risultato finale parla di un aumento del fatturato del 12,89%, pur tenendo conto dell’aumento dei prezzi dell’11%: “Un secondo semestre 2022 in crescita è un piccolo miracolo”, commenta il presidente di Confindustria.
“Siamo riusciti a rimanere in territorio positivo in un momento in cui era difficilissimo. Il fatto di essere un territorio con grande flessibilità e votato all’internazionalizzazione ci ha fornito gli anticorpi necessari per superare questi sei mesi molto difficili”.
In particolare, il fatturato per l’intero comparto manifatturiero è cresciuto del +12,89%, con un dato sulle vendite all’estero (15,57%) migliore del fatturato domestico (+12,07%).
L’occupazione cresce del +2,28%, con un dato particolarmente positivo nel settore alimentare (+2,93%) e nella meccanica, dove incrementa del +2,52%, a conferma del dinamismo di entrambi i settori. Gli investimenti delle imprese manifatturiere associate confermano il trend già registrato lo scorso anno, con un aumento del 8,40% rispetto al 2021 (era il +32,99% un anno fa).
“Per quanto riguarda il primo semestre 2023 sono sempre positive: gli imprenditori prevedono di aumentare gli investimenti e sono alla ricerca di personale per sostenere l’aumento degli ordini che si prevede. La cosa che ci preoccupa invece è la stretta finanziaria imposta dalla Banca Centrale Europea con l’aumento dei tassi e la riduzione dei finanziamenti concessi alle nostre imprese: quindi non sappiamo se questi investimenti avranno effettivamente luogo perché è sempre più difficile trovare risorse finanziarie”.
A novembre il costo del credito per le imprese italiane ha continuato a salire: 3,37% per le PMI (1,74% a inizio 2022), 2,67% per le grandi (da 0,76%). Un ulteriore aggravio di costi, che avviene a seguito del rialzo dei tassi di riferimento. Il BTP a gennaio è a 3,76% da 4,59% a fine 2022, ma il trend dei tassi resta al rialzo: la BCE ha annunciato nuovi aumenti del tasso ufficiale nei prossimi mesi (secondo i future, dal 2,50% attuale a 3,50% entro dicembre 2023).
Industria in flessione. La produzione ha registrato un altro calo a novembre (-0,3%; -1,8% a settembre e -1,1% a ottobre); la manifattura regge (+0,1%), con ampia eterogeneità tra comparti, mentre si contrae il settore delle forniture energetiche (-4,5%). Per il 4° trimestre la variazione acquisita è molto negativa per il totale industria (-1,7%, -0,6% nel 3°). I dati qualitativi a dicembre segnalano uno scenario debole: gli ordini continuano a diminuire, le scorte ad aumentare, le attese di rimbalzo si ridimensionano; il PMI è fermo in area di lieve contrazione (48,5 da 48,4), la fiducia delle imprese segna una nuova discesa.
Costruzioni in difficoltà. Il settore ha iniziato male il 4° trimestre (-0,5% la produzione a ottobre- novembre), dopo il calo nel 3° e l’espansione precedente. La fase difficile è attesa proseguire: i dati sui permessi di costruire segnalano un forte calo (-12,6% nei mesi estivi in termini di superfici residenziali).
Servizi stabili. A novembre, il commercio al dettaglio cresce (+0,4%), il turismo resta sopra il pre-Covid (+3,6%). Gli indicatori segnalano stabilizzazione nei servizi nel 4° trimestre: a dicembre, il PMI ha quasi raggiunto la soglia neutrale (49,9 da 49,5), la fiducia delle imprese è risalita per il secondo mese.
Tengono reddito e consumi. L’inflazione, ancora alta a dicembre (+11,6% da +11,8% a novembre) e maggiore per le famiglie meno abbienti (+18,4% contro +9,9%), minaccia i consumi, la cui risalita, fino al 3° trimestre, è stata favorita dalla tenuta del reddito reale (anche grazie a più occupazione) e dagli extra
-risparmi passati (stabilizzata ora a 7,1% la propensione). Sono attese decisioni di spesa prudenti.
Regge il mercato del lavoro. I dati mostrano una buona performance nel 2022 in termini di occupati:
+50mila a novembre da settembre (e +280mila da gennaio). Ciò spiega, in parte, la diminuzione del numero di disoccupati (-26mila negli ultimi due mesi). Positivo anche il costante calo degli inattivi.
Export incerto. Prosegue la dinamica altalenante dell’export italiano, in rimbalzo a novembre (+3,8%, dopo -1,5%), anche grazie a maxi-vendite nella cantieristica navale. Fanno da traino i paesi extra-UE mentre l’export intra-area è stazionario: USA e Turchia si confermano i mercati più dinamici, fiacche le vendite in Cina, in contrazione in Russia; fa da freno, anche in prospettiva, l’indebolimento del mercato tedesco. Le indicazioni per inizio 2023 restano negative secondo gli ordini manifatturieri esteri, a fronte di una domanda mondiale debole, come confermano i dati sul commercio in area di contrazione.
Eurozona: più ottimismo. In calo l’inflazione nell’area (+9,2% a dicembre, da un picco di +10,6%), anche se in ritardo di 4 mesi sugli USA, dove è inferiore di quasi tre punti (+6,5%). Questo dato si affianca ad altri altrettanto positivi: il rialzo dell’indicatore di sentiment (95,8 a dicembre, da 94,0); il PMI composito che segnala una flessione più contenuta (49,2 da 47,8); il rimbalzo della produzione industriale, oltre le attese (+1,0% a novembre). Tuttavia, l’incertezza e la spinta restrittiva che proviene dai tassi tengono ancora alti i timori di una (moderata) recessione nel 2023 nell’area euro.
USA: segnali misti. Il PIL americano nel 3° trimestre 2022 è cresciuto più delle stime iniziali (+0,8%), grazie a miglioramento dei consumi (+0,6% da +0,5% nel 2°) e accelerazione di spesa pubblica (+0,9% da -0,4%) ed esportazioni nette (+0,7% da +0,4%), che hanno beneficiato del recupero di quasi il 9% dell’euro sul dollaro. Viceversa, ancora in calo gli investimenti (-0,9%), dato coerente con la debolezza dell’attività: -0,7% la produzione industriale; in area recessiva il PMI e l’ISM manifatturieri (46,2 e 48,4), l’indice dei Direttori degli acquisti di Chicago (44,9) e gli indici di attività manifatturiera territoriali.
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