Il Comitato di difesa DAL Consorzio di bonifica solidarizza con Italia Nostra, Legambiente e con gli ambientalisti tutti che sottolineano il gravissimo impatto che il progetto Mirafiori avrebbe sull’ambiente e sulla natura.
Il Comitato prende l’abbrivio da questo punto di partenza per evidenziare che “dietro la gran parte degli scempi ambientali che sono stati compiuti, c’è sempre il Consorzio di bonifica. E’, infatti, il Consorzio di bonifica (che nella nostra provincia si distingue per capacità economiche dovute all’alta tassazione ed all’alto costo praticato alle forniture irrigue) che presenta progetti di opere con una frequenza indicibile, ottenendo anche i relativi finanziamenti dalla Regione o dallo Stato: un esempio eclatante è quello del raddoppio, a Castell’arquato, del canale irriguo secolare lì esistente, per sostituire il canale stesso (e spendere 20 milioni circa) quando è risaputo che la terra di Val d’Arda non richiede, per condurre l’acqua, alcuna cementificazione”.
A questo punto il comunicato del Comitato di difesa sottolinea: “La battaglia che conduciamo contro il Consorzio per ottenere il voto telematico – essendo, quello cartaceo già stato sospeso due volte, per nostra iniziativa oltre che della Confedilizia, della Proprietà Fondiaria e di Organizzazioni ambientaliste – non è solo una battaglia contro la smodata contribuzione ed i costi dell’irrigazione, ma è anche un’impegnativa battaglia contro chi fa scempio del territorio oltre che del pubblico danaro”.
“La battaglia per un rinnovamento dei criteri generali di conduzione del Consorzio di bonifica – conclude il comunicato del Comitato – va a favore del territorio e della natura in genere e deve quindi essere una battaglia che interessi chiunque abbia a cuore questi valori. Un’amministrazione nuova, ispirata a criteri di sobrietà, gioverebbe non solo ai contribuenti ma sarebbe soprattutto un nuovo passo in avanti nella difesa dei valori della natura”. Ad una “sobria conduzione” sono interessati anche gli agricoltori ed i coltivatori diretti che “oltre che al mantenimento delle rispettive organizzazioni, devono pensare anche ai risvolti riguardanti le loro aziende, nonché cessare di pensare che possano proseguire la propria attività, contro tutto e tutti, ed a carico di altre categorie, anche ben più colpite di loro dallo stato pandemico che attraversiamo, posto che l’attività di altre è stata forzatamente inibita dalle pubbliche autorità: ciò che ad agricoltori e coltivatori diretti non è toccato”.
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