“Il lavoro è amore rivelato”: mi è tornato alla mente, nell’imminenza della cerimonia odierna, questo verso di Khalil Gibran. A 82 anni di distanza dalla tragedia della Pertite, onorare il ricordo di chi perse la vita quel giorno – nel ventre di una fabbrica che impiegava, tra i capannoni di via Emilia Pavese, un migliaio di operai – significa rendere omaggio, con profondo rispetto, a tutte le donne e agli uomini che, parafrasando quella stessa, bellissima poesia, “nel mantenersi con fatica amavano, in verità, la vita”.
Furono 47, le vittime, in quel pomeriggio d’estate. Centinaia i feriti. Un colpo al cuore della fiorente industria bellica che già 12 anni prima, nel settembre del 1928, era stata fermata da un’esplosione di proporzioni meno devastanti, ma destinata a causare l’uccisione di 13 persone.
E’ trascorso quasi un secolo, da quei drammatici eventi. Decenni di conquiste importanti per la tutela dei diritti, della dignità, della sicurezza; eppure, intorno, a noi, si continua a morire. Nei cantieri, alla catena di montaggio, tra i ponteggi edili, sui mezzi di trasporto. Ogni giorno, secondo le stime dell’Organizzazione internazionale del Lavoro, è come se 7500 persone in tutto il mondo non facessero più ritorno a casa, a seguito di un infortunio o di una malattia professionale. Significa 2 milioni e 800 mila vite in un anno, al ritmo impressionante di una ogni 5 minuti. Come il tempo necessario per qualche linea di produzione.
Le lavoratrici e i lavoratori cui oggi tributiamo un pensiero sincero e commosso sono il simbolo, per noi tutti, di una pagina di storia che non possiamo dimenticare, ma anche di una realtà, quella attuale, di fronte alla quale siamo chiamati a scegliere con convinzione di non restare indifferenti.
Una realtà e un’Italia nella quale persistono sacche di precarietà, economia sommersa e caporalato che non solo disonorano i princìpi costituzionali della Repubblica fondata sul lavoro, ma nella sistematica inosservanza delle regole mettono a rischio, quotidianamente, la salute e l’incolumità di chi vede calpestato il proprio diritto alla tutela della sicurezza.
Nel nostro ritrovarci qui, c’è la volontà di ribadire che Piacenza non dimentica. Un intento che rinnoviamo anno dopo anno, condividendo i sentimenti di chi, della tragedia della Pertite, è stato testimone, così come l’impegno di chi lotta per denunciare le iniquità e gli abusi, la mancata applicazione delle normative e delle misure di prevenzione.
Desidero ringraziare tutti i presenti, le autorità e i rappresentanti dell’Anmil, ma il mio grazie più sincero va a coloro che oggi sono qui con la memoria rivolta a quel drammatico giorno, a quell’acre odore di fumo e a quell’esplosione che tanta paura e tanto dolore provocò in una città soffocata dall’afa e dal regime. Grazie.
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