Il Centro accoglienza straordinaria profughi “Don Zermani” di via Zoni è chiuso da ieri sera. I richiedenti asilo ospitati nella struttura dell’associazione “La Ricerca” si trovano ora in altri centri della provincia. Lo spiegano i responsabili in una nota.
In due anni e mezzo la struttura ha ospitato 76 immigrati di diverse nazionalità, in convenzione con la Prefettura di Piacenza; convenzione che era scaduta il 30 aprile scorso. “La Ricerca” aveva comunque proseguito l’attività su richiesta della stessa Prefettura; e soprattutto per non privare tante persone di una dimora in cui risiedere. Lo ha fatto in perdita poiché, come è noto, le recenti misure governative in materia di accoglienza hanno ridotto parecchio i corrispettivi.
La proroga è scaduta il 30 giugno, quando è stato emesso un nuovo bando a cui “La Ricerca” non ha partecipato per le condizioni economiche, insostenibili; ma anche – e specialmente – perché le modifiche introdotte a livello ministeriale prevedono che i centri si limitino a fornire solo vitto, alloggio e sorveglianza; mentre l’associazione aveva intrapreso la strada dell’assistenza ai profughi dopo aver elaborato un progetto molto più ampio, impostazione che è propria della sua stessa mission. Progetto basato su iniziative di socializzazione, percorsi comportamentali, corsi di formazione propedeutici all’inserimento lavorativo. Abbiamo proseguito con l’accoglienza finché non abbiamo garantito una nuova sistemazione a tutti gli ospiti; trentuno si trovano in altre strutture del Piacentino, otto hanno trovato ospitalità presso familiari o amici.
Terminata a malincuore questa esperienza di accoglienza, l’associazione “La Ricerca” non smetterà comunque di far fronte ai bisogni degli immigrati: insieme alla Caritas diocesana sta studiando altre modalità di intervento in cui potersi impegnare. Itala Orlando, direttore della onlus piacentina che da quasi quarant’anni opera al fianco delle persone in difficoltà, sottolinea: “Noi possiamo svolgere ancora un ruolo per cercare di rispondere ai bisogni di integrazione di queste persone e lo faremo nel nostro ambito, come sono chiamate a fare realtà con funzioni sociali e solidali come la nostra, potendoci impegnare con molta più padronanza che non nei limiti imposti da linee ministeriali”.
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