La Casa di Riposo Gasparini risponde con un comunicato alle “infondate e gravi accuse” (si legge nella nota) mosse a mezzo stampa da Fp Cgil Piacenza.
Entrando nel merito della vicenda, l’incontro del 15 marzo aveva la finalità di definire l’eventuale modifica dei criteri di distribuzione del premio aziendale per l’anno 2024, in quanto quello relativo all’anno 2023 era già stato condiviso e non poteva essere modificato. Va ricordato – fa sapere l’Ente – che solo i rappresentanti della CGIL non avevano partecipato agli incontri precedenti al 15 marzo.
All’incontro tra le parti non ha partecipato, come inizialmente dichiarato dal sindacato, il presidente Filippo Gasparini, ma Paolo Favari, consulente del Consiglio d’Amministrazione.
“Il fatto che sia stato nominato io in luogo di Favari – commenta Gasparini – è solo indice della impreparazione e superficialità dell’interlocutore. Favari ha il mio totale sostegno e la mia fiducia a prescindere, inoltre, come è facile ricostruire, quanto dichiarato dal sindacato è falso e tendenzioso”.
“La palesemente erronea interpretazione dei contenuti della riunione – spiega Favari – è stata fornita da parte di un soggetto che si è presentato come delegato di CGIL, ma sfornito di delega e che ha abbandonato l’incontro nelle fasi preliminari. La domanda, da me posta, che avrebbe fatto inalberare il presunto delegato CGIL era cosa sarebbe stato del premio che l’azienda intende assegnare ai lavoratori nel caso in cui un sindacato non intendesse sottoscrivere l’accordo”.
“Attraverso detto quesito volevo assicurare che si ratificasse che anche i lavoratori appartenenti ad un sindacato che eventualmente non sottoscriveva l’accordo 2023 avessero il diritto di beneficiare non solo del premio, cosa di cui può decidere l’Ente, ma anche dello sgravio fiscale che la sottoscrizione da parte sindacale genera. Intendevo sincerarmi di cosa dovevano fare i lavoratori a livello procedurale per non essere danneggiati dalla eventuale mancata sottoscrizione da parte del loro sindacato”.
Durante l’incontro, mai vi è stata pressione per ottenere la sottoscrizione dell’accordo e men che meno è stato affermato che in caso di omessa sottoscrizione i lavoratori appartenenti alla sigla sindacale non avrebbero ricevuto il premio. Tant’è che nella ripartizione del premio 2022 una sigla sindacale non aveva sottoscritto l’adesione e tutti i lavoratori, inclusi quelli della sigla sindacale non firmataria, avevano ricevuto il premio.
Vi è una premessa fattuale, di per sé bastante a dimostrare la fallacia delle accuse mosse alla casa di riposo: i lavoratori, con o senza la sottoscrizione da parte sindacale, riceveranno, in ogni caso il premio 2023, secondo i criteri deliberati lo scorso anno. Non avendo ravvisato alcun presunto intento “ricattatorio”, le altre rappresentanze sindacali presenti sono rimaste fino al termine dell’incontro manifestando liberamente il loro pensiero.
Favari precisa: “Il premio aziendale non rientra negli obblighi contrattuali ex lege previsti ed i criteri di attribuzione e ripartizione sono stati determinati dai nostri organi deliberanti”.
“Devo ricordare che la Casa di Riposo Giuseppe Gasparini è una fondazione e come tale non ha scopi di lucro, tipici delle aziende – rimarca il presidente Gasparini – e con o senza la sottoscrizione di qualsivoglia sigla sindacale non avrebbe alcun beneficio fiscale, tantomeno contributivo.
“Non accettiamo sermoni sulla gravosità e sulla complessità dei lavori di cura. Conosciamo bene quali siano le difficoltà vissute dagli operatori sociosanitari – sottolineano Favari e Gasparini a nome del Cda della Casa di Riposo – abbiamo 75 anni di storia, che non possono essere scalfiti da gratuite illazioni, a ragion veduta possiamo affermare che il sistema delle Rsa è basato e costruito sulla nostra esperienza e sulla professionalità dei nostri collaboratori, proprio per questo il Cda ha voluto introdurre questo incentivo.
E’ evidente – concludono – che la palesemente errata e grave interpretazione sia imputabile a scarsa perizia e superficialità più che non ad atteggiamenti faziosi che di fatto finiscono, se non a ledere, quantomeno a non tutelare la parte rappresentata
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