Casa di Cura Piacenza, parla la dirigenza: “Accuse infondate”

medicina generale in Emilia-Romagna

Per il tramite dei propri legali, avv. Manuel Monteverdi, avv. Adalberto Sacchelli e avv. Paolo Galdieri, con la presente nota Casa di Cura Privata Piacenza s.p.a. e Casa di Cura Privata Sant’Antonino s.r.l., in persona del legale rappresentante, Prof. Mario Sanna, intendono brevemente fare luce sulle ultime voci che riguarderebbero una serie di negligenze e soprusi riconducibili ad esse, tanto che una testata è arrivata persino a scrivere di “orrori“ che sarebbero perpetrati all’interno di una delle due strutture, sull’onda di quanto diffuso, nei giorni scorsi, anche in Internet, dalla signora Selvaggia Lucarelli.

Procedendo con ordine, in merito alle accuse di aver sottovalutato il problema Coronavirus e alla mancata tutela degli operatori, si precisa che in data 21 febbraio, immediatamente a seguito degli alert lanciati a livello regionale, la Direzione assistenziale aveva predisposto una procedura dettagliata di gestione dei pazienti con sospetta patologia Covid, fornendo agli operatori medesimi tutti i presidi e dispositivi di protezione individuale (ossia i DPI) disponibili e provvedendo ad ordinarne un adeguato numero in previsione del successivo utilizzo (circostanza che, peraltro, risulta documentata), mentre tutti gli operatori dell’allora zona rossa erano stati messi in quarantena lo stesso giorno.

Successivamente, le forniture venivano garantite in gran parte dall’AUSL a seguito degli accordi intercorsi, legati alla destinazione dei posti letto a reparto Covid.

Con i comunicati ai giornali locali del 23, 24 febbraio e 9 marzo, le Case di Cura Piacenza e Sant’Antonino comunicavano ai cittadini ed ai propri collaboratori la sospensione di tutte le attività di diagnostica ambulatoriale, di fisioterapia e di ricoveri programmati, con chiusura totale della degenza ai visitatori, e si predisponeva un info point all’ingresso per gestire i contatti esterni oltre ad attivare una linea diretta tra le cliniche e i cittadini.

Per ciò che concerne il numero di infetti all’interno delle due cliniche, i dati forniti dalle due strutture rilevano che, quanto alla clinica Sant’Antonino, su 97 dipendenti, a gennaio e febbraio non risultavano malattie riconducibili al Covid-19, mentre a partire dal giorno 8 marzo sono stati riscontrati 19 dipendenti positivi e 15 in quarantena.

Riguardo alla clinica Piacenza, su un totale di 231 dipendenti, 42 sono stati posti in quarantena e 37 sono risultati positivi, mentre su un totale di 80 liberi professionisti, 5 sono risultati positivi.

Fino al 21 febbraio, alla clinica Piacenza non sono state rilevate malattie riconducibili al virus.

In merito all’accusa di “legare al letto i pazienti”, circostanza utilizzata a scopo sensazionalistico su carta stampata e su più piattaforme social, si puntualizza che nella clinica Sant’Antonino (l’asserita “clinica degli orrori”) è in essere una procedura molto rigorosa, che concerne l’utilizzo di mezzi di contenzione, di cui anche la carta stampata dovrebbe essere a conoscenza: essa prevede che le limitazioni ai movimenti del paziente siano riservate a casi del tutto eccezionali, legati al grave pregiudizio della vita ed incolumità degli stessi, e possano essere seguite soltanto previo consenso informato scritto del paziente o, in subordine, dei familiari aventi diritto.

Per essere ancor più precisi, visto che negli ultimi giorni sono stati citati anche alcuni casi clinici adombrando una cattiva gestione dell’emergenza Covid da parte dei sanitari, e proprio perché a giornalisti ed opinione pubblica qualche dato clinico specifico può forse impedire di giungere ad affrettate ed errate conclusioni, si chiarisce che il paziente Gino B. ricoverato alla Sant’Antonino il 17 febbraio, proveniente dalla Neurologia del nostro ospedale per grave danno cerebrale post traumatico, disfagia e portatore di sondino naso gastrico ed episodi di sepsi, subito dopo il ricovero presentava ripetuti episodi di iperpiressia intermittente intervallati da 2-4 giorni di apiressia, responsivi parzialmente alla terapia antibiotica ed interpretati, visto il quadro clinico in questione, come recidive di setticemia in un paziente gravemente compromesso.
Ad un nuovo episodio refrattario all’antibiotico, veniva disposto il tampone, che evidenziava positività al Covid e, subito dopo, il paziente veniva trasferito in Pronto Soccorso e ricoverato di nuovo presso l’ospedale, secondo il protocollo.

Infine, riguardo al primario della clinica Sant’Antonino, più volte citato negli ultimi giorni, si chiarisce che, al primo accenno di malattia, egli si è autoisolato a domicilio, avvertendo del fatto tutti i collaboratori (Medici e coordinatori) e la direzione della Clinica. Il medico è stato seguito dal Servizio di Igiene Pubblica dell’AUSL con regolare denuncia, come da disposizioni.

Avendo sempre utilizzato DPI corretti, è assai elevata la probabilità che il medico in questione sia stato contagiato fuori dal contesto lavorativo.

Peccato, però, che nessuno abbia preso in considerazione tale evenienza, andando perfino ad invadere la sfera personale del primario, additando la figlia di essere stata il veicolo del contagio del padre: il tutto senza alcun elemento probatorio a sostegno.

A riscontro delle dichiarazioni dell’infermiera citata nell’ultimo articolo della sig.ra Lucarelli pubblicato il 30 marzo su TPI.it, si precisa che, l’ingresso degli 80 pazienti affetti da Covid-19 è avvenuto in modo graduale in circa 5 giorni; fin dal primo giorni di ricovero dei pazienti affetti dal virus, le case di cura hanno messo a disposizione dei propri operatori un’ infermiera specializzata inviata dal Sevizio di Prevenzione dell’Ospedale di Piacenza, al fine di allestire i reparti e formare tutto il personale sull’ utilizzo dei DPI contro il Covid-19.

La due cliniche hanno al loro interno due magazzini per farmaci e materiale sanitario, gestiti direttamente dalle due coordinatrici, ed in alcun modo è possibile che i due reparti rimangano sprovvisti del materiale.

In merito al numero di operatori per 40 posti letto, nonostante la carenza di personale data dall’emergenza Covid-19, è assurdo dichiarare che erano presenti solo due infermieri per piano; verità è, come da turnistica cadenzata tra la mattina, il pomeriggio e la notte, che sui piani viene garantita la presenza di 6 OSS, 3 pulitrici, 7 Infermieri e 5 Medici, di cui due arrivati in supporto dal Gruppo Otologico, oltra al supporto di fisioterapisti e di infermieri ed ausiliari della Casa di Cura Piacenza, chiamati nelle giornate caratterizzate da sovrannumero di ricoveri da Covid-19.

A riscontro delle lamentele di alcuni parenti dei degenti intervistati dalla sig.ra Lucarelli, le due strutture si scusano se, nelle cinque giornate dedicate ai ricoveri Covid, esse non sono riuscite a garantire una corrette e completa comunicazione con tutti quanti, precisando che, nell’ attività ordinaria, la qualità percepita dai pazienti medesimi e dai loro famigliari in merito all’operato delle casa di cura, tramite i questionari di gradimento che gli stessi compilano, supera il 95%.

E’ altresì assurdo ipotizzare che un operatore possa dichiarare di essere stato minacciato di licenziamento all’interno di un sistema sanitario privato convenzionato in cui lo stesso ha a disposizione a propria tutela enti di categoria, sindacati ed un CCNL di riferimento: far rispettare protocolli, procedure e regolamenti aziendali condivisi con i sindacati non può essere considerato un atteggiamento intimidatorio nei confronti dei dipendenti.

Da ultimo, si deve constatare come, ad oggi, alcune testate nazionali, che hanno riportato, tra le proprie pagine, delle presunte (quanto infondate) accuse, responsabilità e negligenze ricondotte ai due nosocomi, dimenticando che ogni notizia deve essere prima verificata al di là di ogni dubbio, non abbiano consentito una replica pubblica ed ufficiale alle due cliniche. Ognuno tragga le proprie conclusioni.

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