Caduti del 9 settembre ’43: “Nel loro sacrificio riconosciamo commossi il germoglio della Resistenza” – FOTO

“Con un senso di profonda partecipazione, come ogni anno Piacenza rende omaggio ai Caduti nella battaglia del 9 settembre 1943, che proprio qui a Barriera Genova, porta di ingresso verso il cuore della nostra città, vide militari e civili opporsi strenuamente, gli uni accanto agli altri, all’incedere delle truppe naziste. Nel loro sacrificio, nel valore di quell’estremo atto d’amore verso la propria terra, nell’anelito della lotta per la libertà che vide gli albori in quella mattina di fine estate, riconosciamo commossi, ancora oggi, il germoglio della Resistenza”. Così il sindaco Katia Tarasconi in occasione della cerimonia tenutasi stamani a Barriera Genova.

Il discorso di Katia Tarasconi

Erano trascorse poche ore da quando, la sera prima, la radio aveva trasmesso l’annuncio dell’armistizio nel breve, lapidario proclama del generale Badoglio. Le milizie tedesche avanzavano verso le linee di difesa collocate in punti strategici – a Rottofreno, sul ponte di Trebbia, alla Galleana, a Sant’Antonio – sino a questo stesso piazzale, dove il 4° Reggimento di Artiglieria, comandato dal colonnello Dante Coperchini, avrebbe subito le perdite più pesanti. La disparità nella dotazione di armamenti era schiacciante, ma solo i ripetuti bombardamenti di un aereo Luftwaffe, levatosi in volo da San Damiano, poterono costringere alla resa definitiva i soldati italiani.

Tra le loro file si sarebbero contati, al termine di quel durissimo scontro a fuoco, 31 morti e decine di feriti. Cinque vittime tra coloro che non indossavano una divisa dell’Esercito, sotto i colpi del mitra che continuò a sparare anche lungo corso Vittorio Emanuele, mentre il nemico siPaIAvvCicEiNnaZvAa PaRpIMiaOzzGaECNaITvAalli dove – su ordDinEeLdLe’Ul NgeITneÀraDle’ITRAoLsIaArio Assanti alla

guida del Comando di zona – venne sventolato infine il drappo bianco che scongiurò, per la città, l’ombra di una rappresaglia ancor più devastante, ma non poté evitare la deportazione nei campi di lavoro, in Germania, per i militari che furono fatti prigionieri.

Coltivare il ricordo di questo drammatico capitolo del nostro passato, determinante nel segnare l’inizio del lungo e difficile percorso verso la Liberazione, significa non solo onorare chi ha dato la vita per un futuro di pace, pluralismo e convivenza civile tra i popoli, ma anche riaffermare questi stessi ideali – e farcene portavoce – nel nostro tempo, ancora ferito dall’orrore della guerra. A questo, oggi più che mai, deve servire la riapertura di una pagina di storia che, a 81 anni di distanza, continua a rappresentare per la collettività un patrimonio condiviso di memoria e consapevolezza, nel richiamo forte e imprescindibile alle radici della nostra democrazia, così come al dolore indicibile delle generazioni che ne hanno pagato, carissimo, il prezzo.

Per loro ci ritroviamo qui, al cospetto della lapide dove deponiamo le corone d’alloro simbolo di eterna riconoscenza, dove leggiamo i nomi che hanno tracciato il solco in cui camminiamo. Dove sentiamo nostro, infine, il dolore indicibile che scaturisce da ogni conflitto, in ogni parte del mondo, oggi come ieri.

Ai Caduti di Barriera Genova, perché il loro esempio e il loro sacrificio non restino mai un monito inascoltato.

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