Biologico, a Piacenza superati i 16 mila ettari di coltivazioni. Coldiretti: “Raddoppiati in pochi anni, tra i primi in tutto il nord Italia”.
L’agricoltura biologica svolge un ruolo di grande importanza in termini di conservazione e preservazione della biodiversità, tema fondamentale per Coldiretti. “A Piacenza il metodo biologico è sempre più diffuso – dichiara Marco Allaria Olivieri Delegato Confederale di Coldiretti Piacenza – Secondo il rapporto sull’agricoltura biologica della Regione Emilia Romagna aggiornato al 31 dicembre 2020, le aziende agricole Bio sono cresciute in Regione del 6.3%, vale a dire quasi 450 aziende in più rispetto al 2019. » continua « La nostra Regione si è classificata prima tra le regioni del Nord Italia per numero e produzione di prodotti biologici con una superficie dedicata di poco meno di 180mila ettari. Tra le province Piacenza ha presentato una crescita significativa con un incremento, che dal 2015 al 2020 si è raddoppiato superando i 16mila ettari”, conclude.
Entrando nel merito delle aziende biologiche dedite alla zootecnica sono in Regione 954, circa il 10% in più rispetto al 2019. Per quanto riguarda la distribuzione geografica, a contendersi il primato per la maggiore vocazione zootecnica biologica c’è proprio Piacenza insieme a Forlì-Cesena. Di queste ultime possiamo evidenziare, secondo i dati una stabile crescita delle aziende biologiche con 432 allevamenti, in particolare di bovini da carne, che in Emilia Romagna rappresentano il 35% tra tutti gli allevamenti.
Il prodotto bio è ricercatissimo con il costante aumento della domanda da parte dei consumatori. I numeri al riguardo parlano chiaro « i consumi alimentari nel biologico post Covid sono alle stelle grazie ad una svolta green e salutista assunta dagli italiani determinando un aumento ulteriore del 7% nel 2020 sugli acquisti bio. – commenta Marco Allaria Olivieri – Sale quindi l’interesse nei confronti dei prodotti a basso impatto ambientale e di conseguenza si assiste a una sempre maggiore attenzione alla provenienza e alle pratiche di produzione dei cibi da parte degli italiani» conclude.
Se la scelta del cittadino prima era orientata verso la velocità con i classici surgelati o prodotti già pronti, l’era post Covid ha evidenziato come il consumatore preferisce il Made in Italy e il KM0, prediligendo quindi la qualità del nostro territorio piuttosto che la quantità.
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