Si faceva chiamare AK 47 Carpi, come il fucile d’assalto, il sodalizio criminale composto esclusivamente da pachistani e sgominato dalla Polizia di stato di Modena, in collaborazione con il Commissariato di Carpi. Inchiesta che ha portato all’individuazione di 18 individui indagati per associazione per delinquere dedita alla commissione di estorsioni, lesioni personali, minacce, autoriciclaggio, caporalato. Ulteriore ordinanza cautelare in carcere nei confronti di altri due indagati per tentato omicidio.
Secondo alcune risultanze investigative, il gruppo era attivo anche in provincia di Piacenza. Elemento ribadito anche nel corso di un’interrogazione presentata in Regione dal Gruppo Misto.
L’interrogazione del Gruppo Misto
Fare chiarezza sull’inchiesta che ha portato alla luce un’organizzazione criminale dedita al caporalato nel settore della logistica, nell’area di Carpi (Modena).
Lo chiede un’interrogazione della consigliera del Gruppo Misto rivolta alla Regione in cui si domanda “se non si ritenga questa vicenda estremamente preoccupante e, non a caso, in un settore, quello della logistica, che a livello regionale è cresciuto negli ultimi anni a dismisura, contraddistinto da una precarietà ormai strutturale, con esternalizzazioni spinte al massimo, norme di tutela inefficaci e condizioni di lavoro sempre peggiori; se non si ritenga necessario un diverso approccio al contrasto di queste situazioni di illegalità diffusa che vada oltre i pur condivisibili protocolli, patti e carte”.
L’indagine della polizia di Modena, coordinata dalla procura, ha sgominato una banda – arrestando 20 persone – chiamata “Ak 47 Carpi” contestando i reati di estorsione, minacce, lesioni personali, riciclaggio di denaro e sfruttamento del lavoro nero tramite “caporalato”.
Il gruppo, composto di pakistani, operava anche a Brescia e Piacenza. Secondo le accuse, alcuni degli arrestati avrebbero minacciato i lavoratori in nero anche con armi improprie – due degli inquisiti sono accusati di tentato omicidio – arrivando a illeciti profitti per 1,5 milioni di euro, stando alle indagini della Guardia di finanza.
“La maggior parte degli indagati – si legge nell’interrogazione – sarebbero stati dipendenti di una società di servizi logistici legata al trasporto di merci, con sede legale nel vicentino, che risulterebbe estranea ai fatti criminosi contestati e che avrebbe in appalto la manodopera dei corrieri all’interno di una nota società di spedizioni”.
Le indagini, continua la consigliera del Gruppo Misto, avrebbero fatto emergere “un rapporto di collaborazione con una società per azioni, operante nel settore della logistica, che avrebbe permesso ai membri dell’associazione di alimentare una lucrosa attività di ‘caporalato’ con un pesante quadro di intimidazioni e violenze e l’obbligo, per le vittime assunte come corrieri, di versare gran parte del loro salario agli appartenenti alla banda”.
Inoltre, due indagati, in precedenza sarebbero stati sindacalisti in “due società di spedizione e chi provava a ribellarsi a questo stato di cose diventava automaticamente vittima di spedizioni punitive con veri e propri pestaggi”.
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