Attualità

Le sagrestie, custodi della storia della nostra città: successo delle visite guidate promosse dalla Banca di Piacenza

Le sagrestie non sono semplici luoghi dove vengono riposti paramenti e vestiari utilizzati per le funzioni religiose, ma sono spazi sacri che fanno parte dell’edificio di culto, con una loro ritualità. Non solo, approfondendo le loro origini possiamo scandagliare aspetti particolari della storia di Piacenza.

Questo quanto emerso dalla visita guidata alle sagrestie delle più antiche chiese della città, promossa dalla Banca di Piacenza e condotta dall’arch. Manrico Bissi: visto il nutrito numero di adesioni (i posti disponibili si sono esauriti in poche ore), è stata organizzata una seconda edizione del tour. Al termine di entrambi i percorsi i partecipanti hanno ricevuto in dono il volume “Le sagrestie piacentine – Racconto per immagini”, edito dalla Banca.

Prima tappa della prima visita San Giorgino, dotata – ha spiegato l’arch. Bissi – di una sagrestia monumentale, costruita agli inizi del 1700 e facente parte di una chiesa (di origini medievali, più volte ricostruita fino alla versione attuale risalente al 1645) sede della Confraternita della Beata Vergine del Suffragio. Anticamente reggevano l’edificio di culto i Disciplinati di San Giorgio, di cui facevano parte i rappresentanti delle famiglie che abitavano in via Sopramuro, di origini liguri ed estrazione mercantile. Un retaggio di questo passato lo si trova nei dipinti e nelle statue presenti in sagrestia che raffigurano santi venerati in Liguria, come appunto San Giorgio e Santa Lucia. Il priore della Confraternita della Beata Vergine del Suffragio Carlo Emanuele Manfredi ha spiegato ai visitatori il significato della loro missione – quella di pregare per le anime del Purgatorio per accelerarne il passaggio al Paradiso – e ricordato come quella di San Giorgino sia l’unica chiesa a Piacenza autorizzata a celebrare la messa in latino, secondo l’antico rito.

Nella Basilica di Sant’Antonino, seconda tappa del percorso, i partecipanti – accolti dal parroco don Giuseppe Basini – hanno potuto respirare l’importanza dei diversi locali della sagrestia (di epoca cinquecentesca): un tempo sede del Capitolo di Sant’Antonino, il primo seme della cultura universitaria piacentina (alla fine del 1248 – ha sottolineato l’arch. Bissi – nascerà l’Università a Piacenza con l’Arciginnasio Piacentino, con sede in via Chiapponi); e custode di uno degli archivi più antichi della città, che rappresenta il più ricco corredo di documenti medievali dell’Alta Italia.

Anche la sagrestia di Santa Maria di Gariverto, terza tappa del tour, conserva un archivio storico, con pergamene del XII secolo e bolle papali di Adriano IV. Di dimensioni più modeste, riflette – ha spiegato l’arch. Bissi – il carattere popolare del quartiere, anche se quando nacque la parrocchia – che porta il nome del nobiluomo che la fondò – era “ricca” grazie alla presenza del porto, che garantiva commercio, dazi e posti di lavoro.

Più simile a San Giorgino, come dimensioni e importanza degli arredi, la sagrestia di San Dalmazio (costruita alla fine del 1600 e decorata ai primi del ‘700), tappa conclusiva del percorso. Anche in questo caso sede di una Congregazione (dello Spirito Santo, con i ritratti dei vari priori che si sono succeduti nei secoli appesi alle pareti) che era stata preceduta dai Disciplinati della Santa Croce. Fuori programma, una breve visita alla cripta romana del tempio di via Mandelli, antichissima cella del Monastero della Valtolla.

Oltre che nelle già citate Sant’Antonino e San Dalmazio, la seconda edizione del percorso ha fatto tappa in San Pietro e in San Paolo.

La chiesa di San Pietro – ha sottolineato l’arch. Bissi – costituisce un importante esempio di architettura religiosa piacentina nell’epoca della Controriforma. Venne fondata in epoca alto-medievale per volontà del vescovo Podone, che vi si fece poi seppellire. La chiesa attuale è il frutto di una radicale ricostruzione attuata nel 1586 dai Gesuiti, che cercarono di mantenere i limiti e le fondamenta dell’antica chiesa medievale, ma le sue dimensioni risultarono troppo piccole: fu quindi necessario costruire nuove sottomurazioni per poter costruire anche il Presbiterio, la torre campanaria e la sagrestia, i cui volumi furono aggiunti nel primo ventennio del Seicento.

La chiesa di San Paolo sorse nel secolo IX nel cuore dell’antico Borgo Corneliano. Le strutture attuali della chiesa e dei relativi annessi architettonici risalgono alla ricostruzione compiuta nel 1686, dopo che cinque anni prima l’antico edificio medievale era crollato completamente. Anche in questo caso pregevole testimonianza dell’architettura piacentina della Controriforma, il progetto per la ricostruzione di San Paolo venne affidato a Giacomo degli Agostini.

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