Nei giorni scorsi, i carabinieri della Stazione di Castel San Giovanni, insieme a personale della Tenenza della Guardia di Finanza, hanno eseguito un’ordinanza di misura cautelare emessa su richiesta della Procura della Repubblica di Piacenza nei confronti di 2 indagati per i quali si ipotizza la responsabilità, a vario titolo ed in concorso tra loro, della commissione dei reati di truffa e bancarotta fraudolenta.
Su disposizione del GIP del Tribunale di Piacenza, i carabinieri piacentini hanno eseguito a Milano il decreto che dispone 2 custodie cautelari in carcere per due amministratori di una società che aveva sede legale in questa provincia.
Le indagini
Le indagini, avviate dalla Stazione Carabinieri di Castel San Giovanni e coordinate dalla Procura della Repubblica di Piacenza, hanno avuto inizio dalle denunce-querele, rese in tempi e luoghi differenti, da parte di nove vittime che descrivevano in modo analogo i raggiri subiti nel corso dell’acquisto di un’automobile dalla concessionaria degli indagati.
Il modus operandi
Il modus operandi era sempre lo stesso: le persone offese, dopo aver visionato su un sito on-line l’annuncio della vendita di un’autovettura, venivano indirizzate all’esercizio commerciale gestito dai due indagati per visionare direttamente l’auto cui erano interessati, stipulando dei contratti per iscritto e rilasciando degli acconti. Una volta preso l’anticipo, i due amministratori iniziavano ad addurre scuse sempre diverse per giustificare i ritardi nella mancata consegna del veicolo fino a rendersi definitivamente irreperibili al telefono e ad abbandonare i locali dell’autosalone.
L’attività portata a termine, quindi, ha acclarato che i due amministratori avrebbero dato vita alla società – costituita nel dicembre del 2022 e chiusa prima di luglio 2023 – piegandola ai propri scopi illeciti. Gli stessi infatti si sarebbero resi autori di plurime truffe concernenti l’acquisto di automobili, inducendo sistematicamente in errore gli acquirenti ed omettendo una volta ricevuto il denaro la consegna dell’auto.
Inoltre, nel solco della commissione di tali condotte truffaldine, gli stessi avrebbero distratto dal conto corrente societario tutti gli incassi per un valore di oltre 250mila euro – alcuni frutto di truffa, altri di origine lecita – e avrebbero tenuto i libri e le scritture contabili in modo da rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio.
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