“Anche se un padre dicesse alla maestra di intervenire con uno scappellotto in caso il figlio sbagliasse, la maestra non è legittimata a farlo”. L’accusa di maltrattamenti ai danni delle tre maestre dell’asilo di San Polo di Podenzano è racchiusa in queste parole del pm Matteo Centini. Centini ha coordinato le indagini condotte dai carabinieri della Stazione di San Giorgio. Nel caso specifico, infatti, non si parla di violenze fisiche inaudite. Si tratterebbe, secondo l’inchiesta, di vessazioni. Atteggiamenti, parole e gesti che oggi non sono contemplati dalla legge in materia di educazione dei bambini. Metodi che potrebbero anche essere passibili di giudizio personale da parte delle famiglie, ma la legge parla chiaro.
Come si legge nella nota ufficiale diramata dalla Procura: “Dagli accertamenti sono emersi comportamenti inappropriati e forme di vessazione fisica e psicologica da parte della direttrice e delle due educatrici (dalle minacce alle percosse)“.
“L’educatore ha un compito di tutela e protezione; in questo caso i bambini vivevano quotidianamente in un ambiente non più salutare” continua Centini. “Le prove raccolte dalle telecamere di sorveglianza non lasciano spazio a opinioni”.
“Parliamo di metodi che magari negli anni ’30 erano accettati. Oggi non sono permessi: al di là del pensiero personale di un genitore, si tratta di metodi che vanno contro la legge. Le insegnanti non lavorano per i genitori, ma per i bambini, e devono adottare strumenti educativi volti alla tutela e alla protezione dei minori. Il tutto seguendo delle regole oggettive”.
“Rivolgere a un bambino frasi come Ti fucilo, ti faccio bere l’acqua del water, ti faccio sanguinare va contro la legge. Afferrare per la collottola un bimbo e costringerlo a mangiare una mela caduta a terra va contro la legge. E non stiamo parlando di episodi, stiamo parlando di un comportamento radicato e quotidianamente adottato”. Continua Centini.
Il caso, dunque, è molto delicato. In sostanza parliamo di metodi educativi che, potenzialmente, secondo il parere di qualche genitore potrebbero anche essere positivi e benéfici. Ma la legge li vieta espressamente perché li ritiene oggettivamente negativi. Per riassumere: se un genitore chiede espressamente alla maestra di infliggere schiaffi al proprio figlio, la maestra comunque non lo può fare.
Le indagini sono partite dalla denuncia di una madre. Stava chiedendo chiarimenti in merito a una sberla che il figlio sosteneva di aver ricevuto. Chiedeva spiegazioni allo staff della scuola, avanzando tutti i dubbi del caso per una frase pronunciata dal figlio: sapeva, dunque, di non avere prove in mano ed era consapevole che la parola di un bimbo non sempre è attendibile. La donna, però, ha riconosciuto nelle risposte di una maestra il tentativo di sminuire, in modo sospetto, quanto accaduto. Ha deciso così di rivolgersi ai carabinieri. I militari hanno installato telecamere nascoste che per quattordici giorni hanno filmato ciò che accadeva all’interno dell’asilo. Minacce e umiliazioni, in primis. In un caso una insegnante avrebbe detto al bimbo “Hai il pisellino molle”. In un altro episosio un bimbo intento a mettere il burro cacao o un lucidalabbra sarebbe stato tacciato di essere una “femminiella”.
E ancora in uno dei filmati si nota una delle tre insegnanti strattonare e spintonare una bambina; ma alla vista di un genitore a pochi metri di distanza, la maestra avrebbe iniziato a fingere di giocare: “Oplà, vola! vola!”. “Un comportamento che dimostra chiaramente come l’insegnante fosse consapevole di essere nel torto”, commentano gli inquirenti.
Dopo l’inizio delle indagini, altre madri hanno deciso di sporgere querela. I genitori, in questi giorni, sono chiamati a visionare i filmati per effettuare il riconoscimento dei rispettivi figli: a quel punto sceglieranno se intraprendere le vie legali.
I bambini coinvolti sono una trentina, di età compresa tra i 2 e i 5 anni.
Le tre insegnanti devono rispondere di maltrattamenti. Accusa aggravata dall’aver compiuto determinati gesti in presenza di altri minori. Si trovano ora agli arresti domiciliari.
“Comportamenti sistematici oggettivati dalle riprese delle telecamere – commenta il comandante dei carabinieri, Stefano Savo – l’invito ai cittadini è di segnalare sempre anche il minimo sospetto: troveranno un carabiniere pronto a prendere in seria considerazione le sue preoccupazioni”.
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