Cronaca Piacenza

“Perseguivano interessi personali a danno dei lavoratori”, arrestati dirigenti di USB e Si Cobas. L’intercettazione telefonica: “Stiamo usando il sindacato come un bancomat, ci potrebbero fare delle storie”

“Stiamo usando i soldi del sindacato come un bancomat, ci potrebbero fare delle storie”. Questa intercettazione telefonica riassume le fondamenta dell’operazione messa in atto dalla Polizia di Stato sotto il coordinamento della Procura di Piacenza, operazione che ha visto sotto la lente i due sindacati USB e Si Cobas. “Abbiamo il massimo rispetto nei confronti dei sindacati e del diritto allo sciopero – ha subito premesso il procuratore capo Grazia Pradella – questa operazione non ha nulla a che vedere con il diritto allo sciopero. Questa ordinanza si focalizza sui comportamenti di alcuni dirigenti di entrambe le sigle, comportamenti che hanno danneggiato in primis proprio gli stessi lavoratori iscritti ai sindacati”. Le accuse sono a vario titolo: associazione per delinquere finalizzata alla commissione di numerosi reati, tra cui violenza privata, resistenza e violenza a Pubblico Ufficiale, sabotaggio, interruzione di pubblico servizio. Le indagini sono iniziate nel 2016 e hanno gettato luce su un sistema distorto: alcuni dirigenti di entrambi i sindacati perseguivano non gli interessi dei lavoratori ma i propri interessi privati.

Alla conferenza stampa erano presenti oltre al procuratore capo Pradella, il Questore di Piacenza, Filippo Guglielmino, il Dirigente DIGOS, Fabrizio Mastroianni, e il Dirigente Squadra Mobile, Michele Saglio.

Nello specifico, a seguito di una articolata attività di indagine avviata dalla DIGOS con la collaborazione della Squadra Mobile della Questura di Piacenza, è stato constatato, anche attraverso l’uso di intercettazioni telefoniche e riscontri patrimoniali, come, fin dal 2016, dietro lo schermo delle sigle sindacali, gli indagati avessero dato vita a due distinte associazioni per delinquere finalizzate ad introitare i proventi derivanti dalle sostanziose conciliazioni lavorative e dal tesseramento dei lavoratori impiegati nel settore della logistica piacentina a seguito dei conflitti che venivano artificiosamente creati dagli stessi.

Infatti, dietro i numerosissimi picchettaggi e azioni di protesta apparentemente rivolte alla tutela dei diritti dei lavoratori, si celavano azioni delittuose finalizzate ad aumentare sia il conflitto con la parte datoriale sia tra le opposte sigle sindacali, al fine di aumentare il peso specifico dei rappresentanti sindacali all’interno del settore della logistica per ottenere vantaggi che esulavano dai diritti sindacali apparentemente tutelati. L’indotto economico ricavato serviva inoltre ai vertici dell’organizzazione, oltre che per un diretto guadagno personale, anche per alimentare le figure intermedie dei delegati, da tenere a libro paga del sistema, con la prospettiva di “carriera”. Le singole multinazionali o i datori di lavoro di volta in volta interessati, venivano sottoposti ad una condizione di esasperazione che li costringeva ad accettare le richieste economiche che gli venivano fatte.

“Stiamo usando i soldi del sindacato come un bancomat”

Nella pratica si parla di denaro che dalle casse del sindacato veniva sottratta per spese personali da alcuni degli indagati. Circostanza confermata da un’intercettazione nella quale si sente: “Stiamo usando i soldi del sindacato come un bancomat, ci potrebbero fare delle storie”.

In un caso, in seguito a un cambio appalto, l’azienda Leroy Merlin aveva elargito circa 1,5 milioni di euro per una trentina di lavoratori. “Tutti compensi tra i 20 e i 25 mila euro, tranne uno: 100mila euro elargiti a uno dei dirigenti del sindacato”, spiegano gli inquirenti. Cosa potrebbe essere accaduto in quel frangente? Una sorta di richiesta aggiuntiva per non organizzare picchetti e proteste? Su alcuni episodi come questo le indagini sono ancora in corso. Alcune aziende, in effetti, preferivano concedere benefici economici anche ingenti pur di evitare picchetti e blocchi.

Spesso ai lavoratori venivano chiesti contributi aggiuntivi oltre al denaro per il tesseramento. Contributi per spese di vario genere, davanti al quale capitava che l’iscritto presentasse rimostranze: “Ve ne ho già dati anche troppi di soldi”.

La situazione di conflittualità tra USB e Si Cobas aveva spinto i due sindacati a organizzare picchetti anche quando non ce n’era bisogno, giusto per mostrare il proprio impegno ai lavoratori delle aziende e fare proselitismo. Ma secondo gli inquirenti era solo una sorta di guerra territoriale per accaparrarsi sempre più aziende e sempre più iscritti. A tal proposito, secondo gli investigatori, è emblematico quanto accaduto durante le proteste di alcuni lavoratori che nel 2019 si erano arrampicati sul tetto di uno degli hub GLS. Uno dei manifestanti iniziava a sentirsi poco bene e ha chiamato così uno dei dirigenti per chiedere di poter scendere. Il dirigente negò quella possibilità intimandogli di restare sul tetto: telefonata avvenuta mentre il dirigente si trovava al ristorante a consumare una grigliata di carne.

Nel provvedimento eseguito in data odierna, l’Autorità Giudiziaria ha sottolineato la non sovrapponibilità tra le associazioni per delinquere formate dagli indagati e le sigle sindacali costituite in Provincia di Piacenza, evidenziando la liceità di queste ultime organizzazioni votate alla salvaguardia dei diritti dei lavoratori, diversamente dagli indagati, che si sono avvalsi delle loro posizioni all’interno dei sindacati per perseguire finalità di carattere strettamente personale, non esitando a mettere in pericolo l’incolumità dei loro adepti in proteste sempre più estreme, sfruttando anche mediaticamente le loro vicende giudiziarie, per perseguire obiettivi  di potere ed arricchimento.

Gli otto indagati sono dunque risultati destinatari delle seguenti misure cautelari, disposte dal GIP del Tribunale di Piacenza su richiesta della Procura della Repubblica: 6 persone alla misura degli arresti Domiciliari per il reato di associazione per delinquere, abbinate all’obbligo di presentazione alla P.G. per 5 indagati ed al divieto di dimora a Piacenza per il sesto indagato per i reati fine dell’associazione; per un settimo indagato del Divieto di Dimora in Provincia di Piacenza e per l’ottavo dell’Obbligo di presentazione alla P.G.

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