Cronaca Piacenza

Appalti truccati: undici arresti tra cui i sindaci Massimo Castelli, Roberto Pasquali e Mauro Guarnieri. Accertamenti sulle opere pubbliche realizzate: “Eseguite non a regola d’arte per risparmiare”. Spuntano anche voti comprati durante una tornata elettorale – VIDEO

Operazione negli appalti pubblici: arrestati i sindaci Massimo Castelli, Roberto Pasquali e Mauro Guarnieri.

“Sotto il profilo degli appalti pubblici esisteva un gruppo che dominava appalti e gare col solo scopo dell’arricchimento personale”. Lo ha detto il procuratore capo Grazia Pradella nel corso della conferenza stampa dedicata all’operazione dei carabinieri che questa mattina ha portato all’arresto di undici persone, 35 in tutto gli indagati. Conferenza stampa alla quale hanno partecipato i sostituti procuratori Matteo Centini ed Emilio Pisante, insieme al comandante provinciale dei carabinieri, Paolo Abrate, e il comandante del nucleo investigativo, Lorenzo Provenzano.

Per 8 di questi arrestati si è profilata anche la grave accusa di associazione a delinquere: figura centrale sarebbe stato un imprenditore edile, “un soggetto che ha inciso nella realtà piacentina almeno dal 2018. Lo scopo dell’associazione era concussione, falso in atto pubblico, frode ai danni dello Stato, turbativa d’asta”, continua Pradella.

Trentacinque, come detto, le persone coinvolte nell’indagine: per 11 di loro si sono decise misure di custodia cautelare, nello specifico 4 in carcere e 7 agli arresti domiciliari. In carcere sono finiti anche i sindaci Massimo Castelli, primo cittadino di Cerignale, e Mauro Guarnieri, sindaco di Corte Brugnatella. Arrestato anche il sindaco di Bobbio, Roberto Pasquali, per il quale sono stati disposti gli arresti domiciliari.

Sempre nell’amministrazione pubblica sono stati arrestati il Capo Ufficio Tecnico del comune di Ferriere, Paolo Bruno Labati, quello di Bobbio, Claudio Tirelli, e il direttore dei Servizi Edilizi della Provincia di Piacenza, Stefano Pozzoli.

Gli imprenditori arrestati e attualmente in carcere sono invece Maurizio Ridella e Nunzio Susino.

Coinvolta anche Claudia Borrè, attuale vicesindaco e già primo cittadino di Zerba: per lei è stato disposto il divieto di dimora proprio a Zerba.

L’indagine è partita nel 2018 ma affonda le radici nel 2015. Quell’anno, un incendio divorò uno stabile di proprietà di uno degli imprenditori coinvolti in questa inchiesta. Sospettando l’origine dolosa del rogo, gli inquirenti avviarono una serie di accertamenti. Monitorando quell’imprenditore gli investigatori hanno iniziato a imbattersi in operazioni poco chiare.

“Opere pubbliche eseguite non a regola d’arte”

“Questa indagine non è conclusa: sono in atto attività di sequestro e la Procura, insieme all’Arma dei carabinieri, deve esaminare una serie di contratti e documentazioni. Dagli accertamenti finora svolti emerge che alcune opere pubbliche non corrisponderebbero ai criteri della costruzione a regola d’arte. Dobbiamo accertarci dunque che queste opere non rappresentino un pericolo per i cittadini”, ha detto Pradella.

“Non esiste un rischio immediato per la collettività”, spiega il pm Matteo Centini, “secondo le nostre risultanze, questi appalti irregolari riguardavano in particolare opere di piccola entità. Le imprese coinvolte selezionavano materie prime di bassa qualità, spesso non rispettando le direttive per quanto riguarda la corretta esecuzione dei lavori”.

Voti comprati

“Un vero e proprio sistema avulso da qualsiasi connotazione politica, che è sfociato anche in corruzione elettorale”, conclude Pradella. In un caso, infatti, uno dei sindaci sarebbe stato eletto grazie all’intervento dell’imprenditore considerato a capo di tutto. In sostanza l’uomo avrebbe elargito denaro ad alcuni elettori per permettere al sindaco “fidato” di vincere le elezioni. E questo, in un caso, sarebbe effettivamente accaduto, nello specifico in occasione delle elezioni comunali del 2019.

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