Un’arma in più per combattere il Covid. Al via, anche in Emilia-Romagna, le somministrazioni di anticorpi monoclonali su persone affette dalla malattia: la prima, a base di un monoclonale singolo (ilBamlanivimab), è iniziata a Bologna su un paziente ed è gestita dagli infettivologi del Policlinico Sant’Orsola.
Il ministero della Sanità ha da poco consegnato un ingente quantitativo di confezioni monodosi, più di 2.500, e ne sono attese circa altre 1.000 domani, tutte destinate ad altrettanti pazienti. E la Regione ha già predisposto, attraverso uno specifico Gruppo di lavoro, le raccomandazioni per l’utilizzo dei monoclonali e la definizione degli aspetti organizzativi.
“Percorriamo questa nuova strada con fiducia, confidando che la terapia con gli anticorpi monoclonali possa essere efficace, soprattutto per ridurre i rischi di complicanze gravi in pazienti con particolari quadri clinici- sottolinea l’assessore regionale alle Politiche per la Salute, Raffaele Donini-. Le nostre strutture sanitarie sono pronte; come Regione, abbiamo subito predisposto specifiche indicazioni organizzative, indispensabili per un utilizzo il più possibile proficuo”.
In Emilia-Romagna, dunque, e nello specifico a Ferrara (punto di riferimento regionale per la consegna di queste terapie) sono già arrivate 507 confezioni di Bamlanivimab (necessarie per altrettanti trattamenti) e 2011 di Bamlanivimab + Etesevimab (di queste, circa 805 vengono subito consegnate alle farmacie ospedaliere, pari al 40% del totale). Nel frattempo, è atteso domani l’arrivo di ulteriori 995 confezioni di Casirivimab + Imdevimab (che consentiranno altrettanti trattamenti). Le confezioni saranno distribuite a tutte le Aziende sanitarie e Ospedaliero-Universitarie del territorio in proporzione all’incidenza dei nuovi casi di Covid diagnosticati nel periodo che va dall’8 al 14 marzo 2021.
Il profilo tipo a cui sono indirizzate le cure con gli anticorpi monoclonali è un paziente che presenta sintomi lievi-moderati, che non sta male e che non necessita di un ricovero in ospedale, quindi viene curato a casa. Tuttavia ha caratteristiche cliniche tali per cui il suo rischio di evolvere verso una forma grave di Covid è considerato molto elevato: è il caso ad esempio di un paziente immunodepresso, o un paziente trapiantato.
La terapia a base di anticorpi monoclonali (che vanno somministrati per via endovenosa entro pochi giorni dai sintomi) necessita di un “proponente”, che sarà prevalentemente il medico di base del paziente o un medico dell’Usca, le Unità speciali di continuità assistenziali attive su tutto il territorio, da Piacenza a Rimini. Affinché venga prescritta, però, è necessario il via libera di un “validatore”, una figura ospedaliera che validi la proposta terapeutica e abbia l’accesso al registro dell’Aifa, al fine di avere la fornitura del farmaco da parte della farmacia ospedaliera. Ciò dovrà avvenire in stretta collaborazione con il livello territoriale.
Infine, occorre definire il luogo, la modalità di infusione e di monitoraggio post infusione (occorre osservare il paziente per l’ora successiva): a questo proposito, ci sono realtà territoriali in cui si sta lavorando per poter somministrare a domicilio i farmaci, mentre la maggior parte si sta organizzando per la somministrazione all’interno di ambulatori ospedalieri.
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