“L’immagine di Piacenza nella cartografia antica”, questo il tema trattato da Valeria Poli nel primo appuntamento con le manifestazioni collaterali alla mostra “La Piacenza che era” (aperta al pubblico da ieri, domenica 19 dicembre, e fino al 16 gennaio) che si è tenuto al PalabancaEventi (Sala Panini). La prof. Valeria Poli ha colto l’occasione per approfondire il tema affrontato nel catalogo della mostra, relativo alle testimonianze iconografiche per la ricostruzione dell’immagine urbana, analizzando la fonte cartografica.
«La storia della cartografia ha origini lontane – ha spiegato la relatrice – ed è strettamente legata alle diverse funzioni: sono documentate, infatti, carte nate con finalità militari, ma anche economiche (mappe itinerarie, mappe delle fortificazioni urbane, mappe delle proprietà fondiarie) fino ad arrivare alla cartografia catastale che fonde il risultato delle nuove strumentazioni del rilievo alle esigenze fiscali».
Grazie alla presentazione di un ampio repertorio iconografico, la prof. Poli ha poi mostrato le caratteristiche della cartografia a partire dalla famosa “Tabula Peutingeriana” (copia del XII-XIII secolo di un’antica carta carolingia a sua volta copia di una romana che mostra le vie stradali dell’Impero romano), mostrando la posizione di Piacenza. «Nel XVI secolo – ha osservato – le rappresentazioni pittoriche forniscono un importante contributo alla cartografia planimetrica, risultato dell’utilizzo di strumenti scientifici di rilievo, proponendo la rappresentazione detta “a volo d’uccello”». Sono quindi stati passati in rassegna interessanti testimonianze iconografiche della città parte del nuovo stato farnesiano, tra le quali il famoso affresco a Caprarola.
«Piacenza – ha concluso la prof. Poli – può vantare una lunga tradizione cartografica testimoniata dalle rappresentazioni prospettico-planimetriche, a partire dalla cosiddetta “nobilissima città di Piacenza”, incisa nel 1571 su disegno del cartografo piacentino Paolo Bolzoni. Si tratta della mappa che nelle raccolte cartografiche risultava dispersa e della quale, solo dal 1999, sono stati pubblicati alcuni dettagli. Grazie all’acquisto da parte di Franco Spaggiari, è stato possibile, dal 2012, l’avvio degli studi. Dalla pianta madre deriverebbe tutta l’intensa produzione cartografica, incisa per lo più all’estero, che corredava le guide di viaggio in Italia in stretto rapporto con la moda del Gran Tour (Hendrick Van Schoel, Matteo Florimi, Pierre Mortier, Daniel Stoopendal). La produzione cartografica della fine del XVIII secolo diventa una fonte insostituibile per seguire la trasformazione del patrimonio immobiliare urbano prima e dopo le soppressioni napoleoniche degli ordini religiosi, consegnando la città che è stata oggetto delle rappresentazioni pittoriche, realizzate tra XIX e XX secolo, presenti in mostra».
Prossimo appuntamento con le manifestazioni collaterali alla mostra, giovedì 23 dicembre al PalabancaEventi, alle ore 18: Paolo Dallanoce, Rocco Ferrari e Ippolito Negri saranno protagonisti della tavola rotonda sul tema “I negozi di una volta”.
COME VISITARE LA MOSTRA
“La Piacenza che era”, dal 19 dicembre al 16 gennaio – PalabancaEventi, via Mazzini, 14. L’ingresso è libero per Soci e Clienti della Banca. Per i non clienti ingresso con biglietto nominativo scaricabile esclusivamente dal sito www.bancadipiacenza.it. Sono previste visite guidate per scuole e associazioni (prenotazioni all’Ufficio Relazioni esterne tel. 0523 542137; relaz.esterne@bancadipiacenza.it). Orari: dal martedì al venerdì dalle 16 alle 19; sabato e festivi dalle 10 alle 12.30 e dalle 16 alle 19 (giorni di chiusura 24, 25, 31 dicembre e 1 gennaio). Per l’ingresso, sulla base delle vigenti disposizioni inerenti le mostre, è necessario esibire il Green Pass, indossare la mascherina e tenere poi il distanziamento interpersonale.
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