Nei casi di separazione e divorzio spesso il più ricorrente motivo di litigio è sull’affidamento degli animali da compagnia presenti in famiglia (solitamente cani o gatti). Questa una delle curiosità emerse durante l’interessante incontro di presentazione del volume “Animali e rapporti di diritto privato” di Andrea Arfani (Edizioni Scientifiche Italiane), una pubblicazione del Dipartimento di Giurisprudenza (Studi politici e internazionali) dell’Università di Parma, dove il sindaco di Carpaneto (avvocato con studi a Milano e Piacenza) è dottore di ricerca in Scienza giuridiche e professore a contratto di Diritto di famiglia e delle persone minori.
L’autore, in dialogo con il giornalista Emanuele Galba, ha illustrato i contenuti dell’opera nella splendida cornice di Sala Panini del PalabancaEventi della Banca di Piacenza, promotrice dell’evento. Il moderatore ha sottolineato come non ci fosse sede più adatta per presentare un libro che parla di animali, vista l’attenzione che l’Istituto di credito ha sempre mostrato nei confronti degli stessi: nelle sedi della Banca, infatti, i nostri amici a quattro zampe sono sempre i benvenuti. È stata inoltre ricordata la collaborazione dell’avv. Arfani con il compianto presidente Corrado Sforza Fogliani nella realizzazione, nel 2021, del “Codice degli animali” edito da “La Tribuna”.
Ma come è nato nell’autore questo interesse per il mondo animale legato al diritto? «Un po’ per caso – ha spiegato -. Fu il tema che mi assegnarono durante il dottorato all’Università. Una suggestione che in un primo momento mi lasciò perplesso, ma poi ho scoperto che tanti aspetti quotidiani, così come i negozi giuridici, diventano altra cosa quando hanno a che fare con gli animali».
Il prof. Arfani ha quindi fatto cenno all’evoluzione del ruolo degli animali nella società e nell’economia; da prede per la caccia a strumento per il lavoro nei campi. «La prima traccia sicura della presenza di animali da compagnia – ha ricordato il relatore – l’abbiamo nel Rinascimento, come vezzo rappresentativo di una migliorata condizione economica. Con la Rivoluzione industriale il numero di animali da compagnia cresce, ma l’ingresso “feroce” in società di cani e gatti è agli inizi del ‘900. Oggi il 38% dei proprietari d’immobili hanno animali d’affezione e, dopo il Covid, 3 milioni e mezzo di italiani hanno acquistato un animale. Questo naturalmente ha un riverbero dal punto di vista economico: la pet economy assorbe circa 1 miliardo di euro l’anno».
Passando più specificatamente al tema del diritto applicato agli animali, l’avv. Arfani – ponendosi la domanda se debbano considerarsi beni mobili – ha citato due elementi a suo parere rilevanti: l’art. 13 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (… l’Unione e gli Stati membri tengono pienamente conte delle esigenze in materia di benessere degli animali in quanto esseri senzienti…) e l’art. 9 della nostra Costituzione (… la legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali…). Ma allora gli animali sono soggetti di diritto o beni? «Fondamentale – ha risposto l’autore – è qualificare tutti gli animali come cose mobili”.
“Poi, secondo una mia lettura, ritengo che ci sia una terza via rispetto alla prima (beni mobili) e alla seconda un po’ azzardata (soggetti di diritto) da considerare esclusivamente per gli animali d’affezione. È dunque necessaria una riforma che adotti accorgimenti che tengano conto dell’importanza che gli animali domestici hanno assunto nella società contemporanea, adattando i negozi giuridici afferenti ai nostri amici a quattro zampe rispetto al fatto di considerarli delle cose».
Tra gli altri argomenti affrontati dal prof. Arfani: gli animali nelle successioni («non è consentito lasciare il patrimonio al proprio cane o gatto, ma posso affidare nel testamento il mio animale domestico a chi voglio con la possibilità di lasciare all’erede o al legatario una somma di denaro da utilizzare solo per la cura dell’animale») e nelle donazioni («non c’è nessun ostacolo a donare l’animale con o senza dotazione di risorse economiche»); la compravendita di animali («se presentano dei vizi, viene rovesciato l’ordine delle fonti giuridiche; la garanzia solitamente è regolata da leggi speciali o usi locali, o norme ordinarie; in campo animale, se per esempio un toro da riproduzione non riproduce per qualche malattia, non si può applicare la disciplina ordinaria perché non c’è una responsabilità individuabile»).
Infine, l’argomento anticipato ad inizio articolo: il caso delle separazioni e dei divorzi. «Molti coniugi – ha evidenziato l’avv. Arfani – si fanno la guerra su chi ha diritto a tenersi l’animale domestico. Il Codice non dice nulla, quindi bisogna riferirsi alle regole afferenti la disciplina dei beni mobili, con tutte la correzioni che riusciamo ad applicare. In assenza di norme dirette e in considerazione della rilevanza dell’animale considerato membro della famiglia, diversi tribunali applicano le norme sull’affidamento dei figli minori, dando il cane o il gatto a chi dei due dimostri di essere in grado di prendersene cura, con concorso alle spese da parte dell’altro coniuge. È la soluzione corretta? Per ora è l’unica che abbiamo, in attesa di una riforma che inserisca norme codicistiche apposite. In altri Paesi, come ad esempio in Spagna, lo hanno già fatto».
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