Il 25 maggio anche i lavoratori pubblici saranno a Napoli insieme a tutta la Cgil per la grande manifestazione della “Via Maestra”, per rivendicare una società giusta fondata sul lavoro dignitoso e dove la salute e i diritti garantiti dalla Costituzione siano diritti di tutte/i le cittadini e i cittadini, anche attraverso assunzioni che garantiscano servizi pubblici all’altezza di un Paese moderno e unito. Lo “stato di salute” del pubblico impiego.
“Da qui al 2030 (che sembra una data tanto lontana, ma parliamo di soli 6 anni) verranno meno per pensionamenti circa 700.000 dipendenti pubblici. Ricordo per i non addetti ai lavori che “dipendente pubblico” non è solo l’impiegato del Comune, ma è l’infermiere, l’educatrice di nido, l’operatore socio sanitario, la funzionaria della prefettura, del tribunale, dell’agenzia fiscale, il vigile del fuoco, il tecnico della motorizzazione, il medico, l’ispettrice del lavoro, l’assistente sociale, il poliziotto penitenziario e potrei andare avanti in una sorta di “sfida”a individuare quanti e quali sono le attività – fondamentali per Costituzione, perché servono a garantire i diritti fondamentali di tutte e tutti le cittadine e cittadini – per circa 1.200.000 (un milione e duecentomila) posti di lavoro pubblico.”
“Tante sono infatti le figure necessarie per garantire un rilancio di servizi pubblici di qualità, nel rispetto delle esigenze dei cittadini-utenti e dei diritti di lavoratrici e lavoratori (giusta retribuzione a tutti i livelli, garantita da rinnovi contrattuali adeguati e non da “mance” elargite qua e là, ritmi e orari di lavoro che consentano il dovuto riposo, per la sicurezza tanto dell’operatore quanto dell’utente, riconoscimento della professionalità)”.
“Sempre più spesso, e in modo sempre più strutturale, la soluzione è la progressiva sostituzione con personale privato: soluzioni al risparmio sulla pelle dei lavoratori e di conseguenza degli utenti stipendi poveri, orari e condizioni di lavoro peggiori anche con grave rischio per la salute e sicurezza oppure soluzioni molto onerose per l’ente appaltante e per le finanze collettive e senza quei legami di “appartenenza” che dovrebbero garantire continuità vedi ad esempio i casi di “cooperative” di medici che preferiscono lasciare il servizio pubblico per lavorare a gettone”.
“La sanità meriterebbe un discorso a parte: il continuo finanziamento sotto molteplici forme della sanità privata sta giustificando il ribaltamento di prospettiva voluto da diversi governi anche agli occhi dei cittadini, che sono portati a vedere la causa delle inefficienze del sistema non nella mancanza di adeguati stanziamenti e di assunzioni, ma in una non meglio precisata “incapacità” del pubblico di reggere il confronto (principalmente in termini di tempistiche) con il privato. Ci si rivolge al privato per necessità, dando involontariamente un altro giro al cappio al collo del sistema pubblico. Tanti non lo difendono nemmeno più questo nostro Sistema Sanitario pubblico e universale, senza rendersi conto di quanto costerebbe alle nostre tasche una sanità interamente privata”.
“E lo stesso discorso vale per tutti i settori. Un altro esempio noto: la nostra città aveva un grande stabilimento de Ministero della Difesa, che offriva lavoro e possibilità di acquisire competenze tecniche a migliaia di piacentini. Oggi ha una serie di bellissimi edifici di inizio 900 dove lavorano pochi dipendenti ultracinquantenni e aziende private che sostituiscono i lavoratori del ministero andati in pensione e mai più assunti”.
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