Il fiume Po è in secca al un livello idrometrico addirittura più basso che ad agosto per effetto della lunga assenza di precipitazioni con l’allarme siccità al Nord proprio all’inizio della primavera quando le coltivazioni hanno bisogno di acqua per crescere. E’ quanto ha affermato il presidente nazionale della Coldiretti Ettore Prandini in occasione della giornata mondiale dell’acqua delle Nazioni Unite il 22 marzo, dopo un inverno che ha lasciato l’Italia con 1/3 in meno di pioggia ma con precipitazioni praticamente dimezzate al Nord.
Al nord il fiume Po al Ponte della Becca è sceso a -3,3 metri ed è ai minimi del periodo da almeno trent’anni, secondo l’analisi della Coldiretti. Una situazione rappresentativa dello stato – sottolinea la Coldiretti –dell’intero bacino idrografico del Nord con corsi d’acqua in magra, dal Piemonte al Veneto, dal Trentino Alto Adige al Friuli Venezia Giulia, dall’Emilia Romagna alla Toscana. E secondo il monitoraggio della Coldiretti si vedono anomalie anche nei grandi laghi che hanno percentuali di riempimento che vanno dal 5% di quello di Como al 31% del Maggiore. A Piacenza il Po è sotto lo zero idrometrico, ma a preoccupare sono soprattutto le dighe: il Molato è al 24% della capacità, Mignano è al 40%.
Una conferma dei cambiamenti climatici in atto che hanno cambiato soprattutto la distribuzione temporale e geografica delle precipitazioni tanto che la siccità che è diventata la calamità più rilevante per l’agricoltura italiana con danni stimati in media in un miliardo di euro all’anno soprattutto per le quantità e la qualità dei raccolti, secondo l’analisi Coldiretti.
La siccità nella pianura padana – precisa il direttore di Coldiretti Piacenza Roberto Gallizioli– minaccia oltre il 30% della produzione agricola nazionale, fra pomodoro da salsa, frutta, verdura e grano, e la metà dell’allevamento che danno origine alla food valley italiana conosciuta in tutto il mondo. Le coltivazioni seminate in autunno – prosegue – come orzo, frumento e loietto iniziano ora la fase di accrescimento che rischia di essere compromessa dalla siccità. Ma a preoccupare è anche lo sviluppo dei prati destinati all’alimentazione degli animali perché se le condizioni di secca dovessero continuare, gli agricoltori saranno costretti a intervenire con le irrigazioni di soccorso dove sarà possibile. Dall’altra parte nei prossimi giorni partiranno le lavorazioni per la semina del mais, del girasole e della soia, ma con i terreni aridi e duri le operazioni potrebbero essere più che problematiche.
A preoccupare è anche l’innalzamento dei livelli del mare in Italia con l’acqua salata che sta già penetrando nell’entroterra bruciando le coltivazioni nei campi e spingendo all’abbandono l’attività agricola. La risalita del cuneo salino, ossia l’infiltrazione di acqua salata lungo i corsi dei fiumi, rende inutilizzabili le risorse idriche e gli stessi terreni con uno scenario che – sottolinea Coldiretti – è più che preoccupante per l’economia agricola di buona parte d’Italia compresa proprio la valle del Po.
“Per risparmiare l’acqua, aumentare la capacità di irrigazione e incrementare la disponibilità di cibo per le famiglie abbiamo elaborato e proposto per tempo un progetto concreto immediatamente cantierabile” afferma il Presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “si tratta di un intervento strutturale reso necessario dai cambiamenti climatici caratterizzati dall’alternarsi di precipitazioni violente a lunghi periodi di assenza di acqua, lungo tutto il territorio nazionale”. Il progetto – conclude Prandini – prevede la realizzazione di una rete di bacini di accumulo con basso impatto paesaggistico e diffusi sul territorio, privilegiando il completamento e il recupero di strutture già presenti, progettualità già avviata e da avviarsi con procedure autorizzative non complesse, in modo da instradare velocemente il progetto e ottimizzare i risultati finali. L’idea è di “costruire” senza uso di cemento per ridurre l’impatto l’ambientale laghetti in equilibrio con i territori, che conservano l’acqua per distribuirla in modo razionale ai cittadini, all’industria e all’agricoltura, con una ricaduta importante sull’ambiente e sull’occupazione.
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