Restare legati al territorio e saper comunicare questo legame. Sono questi i segreti perché un vino e la sua zona d’origine possano crescere insieme. Se n’è parlato a Ottone, in occasione della terza tappa del Fol in Fest, festival itinerante dedicato alla montagna e alla sua riqualificazione. “La viticoltura piacentina deve mettere a frutto la sua grande storia e la sua grande tradizione”, spiega Michele Antonio Fino dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo. “Come? Si scelgono le uve che meglio incontrano i gusti dei consumatori di oggi, perché i gusti cambiano; si scelgono delle regole produttive per valorizzare queste uve; infine si individua un nome che aiuti questi vini a essere comunicati efficacemente, un nome che li colleghi al territorio, alla loro geografia”.
Ma, verrebbe da dire, i nostri vini già li abbiamo: dovremmo dunque mettere mano al nome e all’essenza di Gutturnio, Malvasia e Ortrugo? Certo che no, ovviamente. Ed è qui che i piacentini si devono preparare a una grande novità. I suggerimenti di Fino sono rivolti a un nuovo prodotto della nostra terra: avremo infatti due nuove DOCG (denominazione di origine controllata e garantita). In sostanza, la nostra provincia potrà vantare un nuovo vino rosso, basato sull’uvaggio del Gutturnio Riserva, e un nuovo vino bianco, ovvero una Malvasia di Candia aromatica vinificata ferma e adatta all’invecchiamento. E il nome del nuovo vino (che ancora non è stato scelto) per seguire i suggerimenti degli esperti sarà dunque legato al territorio: qualcuno suggerisce proprio “Piacenza” ma ancora non vi è certezza. Insieme a Fino erano presenti Roberto Miravalle, già presidente del Consorzio Tutela Vini D.O.C. Colli Piacentini, autore e docente sempre nel settore del vino; Claudio Conterno, presidente della Confederazione Italiana Agricoltori di Cuneo e Walter Massa, viticoltore della provincia di Tortona e considerato il padre del Timorasso.
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