“Prima che me lo chiediate voi, ve lo dico io: non mi dispiacerebbe fare un giro in Uganda”. Il vescovo della diocesi di Piacenza-Bobbio Adriano Cevolotto ha salutato così il gruppo di collaboratori e volontari di Africa Mission Cooperazione e Sviluppo che lo hanno accolto nella sede di Piacenza.
La visita di monsignor Cevolotto è stata accompagnata da don Maurizio Noberini, presidente di Africa Mission, e dal direttore Carlo Ruspantini e ha visto partecipare una rappresentanza della comunità operante del Movimento: “Sono stato in diversi Paesi dell’Africa, ma non conosco l’Uganda e non mi spiacerebbe visitarla – abbozza monsignor Cevolotto – è strano perché mi sembra anche che la vostra presenza sia più nota in tutta Italia e un po’ meno a Piacenza, ma proveremo a far sì che questi cinquant’anni di attività, che celebrerete il prossimo anno, diventino un’opportunità di crescita anche per la nostra comunità”.
A fargli eco è stato anche don Noberini: “La mia speranza è che Piacenza sia un po’ più attenta a questa realtà – spiega – una realtà che è partita con don Vittorio, che è riuscito a “contagiare” tante persone un po’ dovunque. Ed è riuscito a contagiare anche me, senza che poi io potessi più guarire. Ma ne sono contento”.
Dopo la visita ai locali della sede, Ruspantini ha presentato le diverse attività che Africa Mission Cooperazione e Sviluppo porta avanti in Uganda: dalla perforazione dei pozzi alle attività di formazione professionale e nei settori agricolo e zootecnico, dall’educazione all’accoglienza.
“La sfida più grande che fronteggiamo ogni volta è di costruire dei percorsi di comunità – spiega – la cooperazione internazionale infatti è spesso fatta di persone che fanno progetti, ma li portano avanti da soli, spostandosi di Paese in Paese. La nostra scelta invece è stata quella di rimanere in un unico luogo, dove le sfide sono tante, e di portare avanti dei percorsi con le comunità locali che mirino all’emancipazione dei singoli, alla loro crescita”.
“Di fronte a quello che mi sembra un neocolonialismo pericoloso, c’è una strada da seguire ed è quella di aiutare le persone di questi Paesi a farcela progressivamente da soli, a non avere bisogno di noi – spiega monsignor Cevolotto – è chiaro che i tempi siano i lunghi, ma credo che dare dignità alle persone sia anche dare la capacità di camminare sulle loro gambe. Questo sarebbe il segno più bello della carità cristiana e mi sembra che il vostro Movimento segua proprio questa strada”.
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