Afghanistan, Cgil: “Piacenza faccia la sua parte, si aprano corridoi umanitari per chiunque voglia lasciare quella nazione”

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Lo scenario drammatico che si è aperto in Afghanistan, con la presa del potere dei Talebani, impone a tutti noi una profonda riflessione sul fallimento delle scelte politiche fatte dai Paesi occidentali negli anni e su come gestire la crisi umanitaria in corso.

Ci attendiamo che il Governo italiano si faccia con urgenza parte attiva, insieme all’intera comunità internazionale, perché subito si presti soccorso con umanità ai civili, si aprano corridoi umanitari per chiunque attualmente voglia lasciare quella nazione trovandosi in pericolo e perché siano garantiti i diritti umani, i diritti delle donne e dell’infanzia in particolare e delle minoranze.

E’ necessario rivendicare il diritto all’istruzione, al lavoro, il diritto di parola e d’informazione, in pratica il diritto alla libertà di scelta e di vita.

Oggi invece le donne e le ragazze sono improvvisamente oscurate. 

Serve un intervento diplomatico esteso, nel quale il nostro Paese dovrà svolgere il suo ruolo, al fine di proteggere tutta la popolazione e garantire al popolo afghano il rispetto dei diritti fondamentali come quello all’autodeterminazione e alla partecipazione piena nella vita politica e sociale.

Il nostro territorio da trent’anni a questa parte ha caratterizzato la propria storia, con la città di Piacenza in primis, con un’ottica di generosa accoglienza, senza mai voltarsi dall’altra parte quando chiamato ad interpretare un’azione solidaristica verso chi fuggiva da situazioni difficili.

Pertanto riteniamo con fiducia che anche in questa crisi umanitaria la nostra città saprà e potrà svolgere il ruolo che le compete, coordinandosi con gli altri Enti Locali e il Governo nazionale, garantendo non solo accoglienza ma anche sostegno e integrazione verso chi arriva.

Siamo pronti come CGIL di Piacenza a dare il nostro contributo,  insieme alle altre componenti che costituiscono la nostra società, convinti come siamo che la parola solidarietà non sia un termine vuoto ma un valore da far vivere quotidianamente.

Contemporaneamente è indispensabile riflettere sulle conseguenze che vent’anni di diverse missioni militari hanno prodotto attraverso un intervento armato sbagliato che non è riuscito a raggiungere l’obiettivo, impossibile da realizzare attraverso l’uso della forza, di “esportare la democrazia”.

Da pochi giorni abbiamo pianto la scomparsa di Gino Strada, protagonista in quei luoghi di azioni umanitarie straordinarie e con il quale abbiamo un profondo legame e un sistema di ideali comuni.

Dal suo insegnamento bisogna ripartire, facendo tesoro della sua esperienza di costruttore di pace e di contrasto ad ogni guerra.

Non bisogna, pertanto, neanche ora rinunciare in quell’area ai passi necessari verso una prospettiva di multilateralismo e di convivenza pacifica, cercando di costruire quegli equilibri, oggi completamente assenti, necessari per un’uscita positiva da questa vicenda.

E’ necessario che in Occidente ed in Europa (che non riesce ancora a dotarsi di una politica estera condivisa) si delinei una posizione politica netta di accoglienza verso i profughi provenienti dall’Afghanistan, offrendo asilo ed assistenza a chi sperava nelle potenze occidentali per poter vivere nel proprio Paese libero dalla teocrazia e dal fondamentalismo più buio. A chi però sostiene oggi, dopo aver sostenuto l’intervento militare allora, che sia doveroso aiutare prima chi ha aiutato noi, suggerisco una lettura più “inclusiva”: al di là di assegnare patentini a chi è stato più collaborativo, sentiamoci addosso il dovere morale, etico e civile di aiutare ogni essere umano in difficoltà, indipendentemente dal suo Paese di provenienza, dalla sua etnia, dalle sue opinioni e dalle sue scelte personali. Piacenza quindi e gli altri Enti locali del nostro territorio, al di là dei posizionamenti internazionali delle Nazioni, possono e devono svolgere il proprio ruolo accogliente.

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