Ogni prigione è un’isola | Cosa sono davvero le carceri italiane. Era il titolo dell’incontro a cui ha partecipato anche la celebre giornalista, conduttrice televisiva e scrittrice Daria Bignardi. Un titolo che ricalca quello del libro scritto da Bignardi. Il carcere è come la giungla amazzonica, come un paese in guerra, un’isola remota, un luogo estremo dove la sopravvivenza è la priorità e i sentimenti primari sono nitidi”: forse è per questo che, da narratrice attratta dai luoghi dove “l’uomo è illuminato a giorno”, Daria Bignardi trent’anni fa è entrata per la prima volta in un carcere. Da allora le prigioni non ha mai smesso di frequentarle.
“E’ un tema scomodo perché fa paura, il carcere fa paura ed è anche giusto che faccia paura perché è un luogo brutto, un luogo di dolore, un luogo faticoso, un luogo di sofferenza, quindi è comprensibile. Quando però si comincia a averci a che fare si capisce anche che è pieno di persone come noi e non solo di brutti, cattivi, a parte che anche quei brutti e cattivi a volte sono lì per motivi che ci riguardano un po’ tutti”.
“Poi naturalmente è un tema molto vasto e complesso perché è il tema del male, è il tema della colpa, quindi non voglio banalizzare. Però il carcere così come la scuola, gli ospedali ci riguarda come cittadini e capire che se funziona meglio e meglio per noi tutti è quello che un po’ andrebbe comunicato. Io ho cercato di scrivere un libro dove un po’ leggermente, un po’ mettendoci anche molto di mie cose intime, porto per mano chi non c’è mai stato. E così magari gli viene anche la curiosità di approfondire, ascoltare, riflettere”.
Quale soluzione per risolvere un po’ i problemi delle carceri?
“Allora, le soluzioni sono tante, complesse, hanno a che fare con le pene alternative, hanno a che fare anche con indulto, amnistia, perché le nostre carceri esplodono e sono anche piene di persone che magari hanno un anno ancora da scontare. La giustizia riparativa è una cosa bellissima perché ha a che fare col dialogo, col far parlare, comunicare alle persone, è una cosa che può fare molto bene sia alle vittime che ai colpevoli e quindi è sicuramente da perseguire”.
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