La termoablazione con radiofrequenza è un trattamento innovativo e minimamente invasivo per i noduli alla tiroide che consente di intervenire senza ricorrere alla chirurgia tradizionale. Questo metodo è stato inizialmente utilizzato per la cura dei tumori maligni del fegato e consente, tramite il ricorso alla erogazione di calore localmente (ovvero all’interno del nodulo), di ridurre significativamente le dimensioni del medesimo e quindi di risolvere quelle “protuberanze” anomale che si formano sulla ghiandola situata alla base del collo e che spesso esercitano effetti di compressione di altri organi limitrofi (esempio trachea).
“Superare la necessità di intervento chirurgico tradizionale”
“Spesso – sottolinea Daniela Pancotti, responsabile di Endocrinologia e malattie del metabolismo affiancata dalla dottoressa Alessandra Soriani – abbiamo pazienti che non possono essere sottoposti a interventi invasivi per la delicata situazione che comporta un elevato rischio operatorio clinica o per una rifiuto dell’intervento stesso da parte di pazienti che sono spesso in età avanzata. Questa particolare tecnica consente di superare la necessità di intervento chirurgico tradizionale, coniugando quindi il beneficio del basso profilo di rischio alla lecita scelta consapevole del paziente. L’ablazione a radiofrequenza è indicata in diverse situazioni cliniche: in caso di noduli tiroidei benigni di elevate dimensioni con effetti compressivi su esofago e trachea che possono provocare mancanza di respiro (dispnea), difficoltà di deglutizione (disfagia), senso di oppressione al collo e talvolta evidenti problemi estetici.
Il trattamento viene svolto in day hospital in una sala dedicata, con personale medico e infermieristico specializzato. Durante il trattamento, il volume dei noduli tiroidei può essere ridotto dal 50-85%. I risultati sono generalmente molto positivi, con una riduzione volumetrica già evidente un mese dopo l’ablazione. Il trattamento è effettuato con una sedazione locale e una blanda anestesia generale. Poi monitoriamo la regressione del nodulo con report fotografici a 3, 6 e 12 mesi”.
I casi finora trattati a Piacenza hanno avuto finora riscontri positivi. Con una seduta dedicata al mese sono già state eseguite 15 procedure.
Svariati vantaggi
“Questa metodica – aggiunge la dottoressa Pancotti – che si propone come alternativa all’intervento chirurgico offre, quando il paziente è idoneo, svariati vantaggi: nessun ricovero, poiché la procedura si svolge in day hospital, nessuna anestesia generale, una durata minima del trattamento, nessuna cicatrice vistosa e, in caso di risultati non soddisfacenti, può essere ripetuta. Dal punto di vista tecnico utilizziamo una procedura definita “mobbing short”: l’elettrodo rilascia energia a radiofrequenza che produce calore. Il nodulo tiroideo viene diviso in molte piccole parti, che vengono progressivamente distrutte. L’elettrodo può essere di diverse dimensioni con differenti punte e lunghezze di stelo per personalizzare il trattamento e consentire ablazioni di dimensioni maggiori in tempi minori”.
“L’intero processo viene monitorato con una ecografia real time, che permette al medico di posizionare esattamente lo strumento che genera il calore all’interno della lesione e come sta reagendo il tessuto. Inoltre il sistema è in grado di percepire il momento in cui l’ablazione è completa e con un suono ripetitivo segnala all’operatore che è il momento di spostare l’ago. Questo sistema, a supporto della preparazione del professionista, rende la procedura completamente sicura ed estremamente precisa”.
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