Ritratti dall’8 marzo, Alessandra Bottani di Piacenza Expo. Ufficialmente il suo incarico è Responsabile di Manifestazione presso Piacenza Expo. Alessandra Bottani non ama il termine “manager” ma di fatto è proprio ciò che è. Una giovane donna che da anni organizza alcuni tra i più importanti appuntamenti allestiti da Piacenza Expo: Apimell, tanto per citarne uno. In questo 8 marzo abbiamo voluto ascoltare la sua esperienza di giovane donna manager. Oltre ai suoi studi, al tirocinio, alle prime esperienze, la domanda che viene spontanea quando si parla di carriera con persone come Alessandra Bottani non può che essere questa:
Quali e quante le difficoltà per una giovane donna in un settore delicato come questo?
“Effettivamente durante il mio percorso devo dire di aver incontrato figure principalmente maschili. E in effetti, soprattutto agli inizi del mio percorso, ho incontrato anche colleghi o superiori particolarmente difficili da gestire, con i quali era necessario dimostrare sempre qualcosa di più. Persone che, non posso negarlo, ogni tanto alzavano muri e mi ponevano ostacoli proprio in quanto donna, magari all’inizio nemmeno mi prendevano in considerazione solo perché ragazza. Però devo riconoscere di essere stata, nel complesso, fortunata: le persone che ho descritto c’erano, sicuramente, ma ho incontrato anche tante figure che invece hanno dimostrato di non essere per nulla interessate al genere o all’età, persone intelligenti e ben lontane da qualsiasi discriminazione. Anche di fronte ai pregiudizi, comunque, ho capito che l’importante è fare il proprio lavoro, cercare sempre e comunque di farlo al massimo: alla fine ciò che davvero conta sono i risultati”.
Com’è la carriera per una donna manager? Cosa si potrebbe cambiare?
“In effetti credo che per una donna la conciliazione vita-lavoro sia più complessa rispetto a un uomo. Si pretende dalle donne che allevino i figli come se non lavorassero e si pretende che lavorino come se non avessero figli. Non è semplice unire la sfera privata e quella lavorativa. Dovremmo invece ricordarci che il tessuto sociale parte dalla famiglia: invece questo concetto viene messo in ombra dalla possibilità di appoggiarsi ai nonni, ai familiari e quindi la tendenza oggi è quella di affidarsi ad aiuti esterni per potersi dedicare al lavoro. In questo modo però riduciamo il tempo da dedicare ai figli solo perché ci possiamo permettere di farlo. Questo aspetto dovrebbe essere al centro di una ristrutturazione sociale che aiuti le donne nella gestione del proprio lavoro, partendo da asili e scuole, per esempio”.
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