E’ l’8 agosto del 2019, Scario, Cilento, Sud Italia. Il francese Simon Gautier ama il trekking ma non è un esperto scalatore, si arrampica con difficoltà lungo i crinali della costa della Masseta, all’ombra del Massiccio del Monte Bulgheria, nelle ore in cui il sole che sorge lo accarezza ancora senza torturarlo. Poi, all’improvviso, il piede finisce nel punto sbagliato, le scarpe con cui è partito dai sampietrini di Roma lo tradiscono, non hanno chiodi e scanalature profonde come quelle che utilizzano gli escursionisti più esperti. Alle 8.48 Simon scatta due foto, una al panorama che vede di fronte a sé, un’altra a un costone roccioso che lo sovrasta, il suo killer. Un minuto dopo Simon cade, rotola giù, le gambe si fracassano, il dolore è lancinante, il ragazzo chiama col suo cellulare l’amica romana che conosceva il suo itinerario, ma lei non risponde, forse dorme, quindi prova col 112, chiede aiuto ma non riesce a fornire indicazioni precise, “sono caduto, vedo il mare”, ma non basta, lo dirottano al centralino del 118. Una drammatica registrazione agli atti dell’inchiesta restituisce la voce incrinata dalla sofferenza, l’affanno di Simon, che perde sangue e lucidità, “scusate, la mia testa non funziona bene adesso…”, ma lo studente francese una cosa precisa, inequivocabile, la dice: “Sono partito da Policastro, andavo verso Napoli”. Informazione, forse, sottovalutata nell’immediatezza, dai soccorritori. Il cadavere del giovane studente francese viene ritrovato il 18 agosto del 2019, nove giorni dopo la sua scomparsa, al termine di giornate segnate da polemiche e disperazione, che apriranno la strada a un’inchiesta della magistratura che non troverà colpevoli. “Simon morì velocemente, niente e nessuno avrebbe potuto salvarlo”, scrive il giudice nell’archiviazione del caso. Ma davvero fu tutta colpa solo e soltanto di Simon, che commise errori decisivi nella sua avventura cilentana?
A questo e ad altri interrogativi ha provato a rispondere Luca Maurelli, giornalista, caposervizio del settore Politico al Secolo d’Italia e membro dell’Associazione stampa parlamentare, autore di libri d’inchiesta, nel volume “Io vedo il mare. La vera storia di Simon Gautier che si smarrì con Dostoevskij su un sentiero del Cilento” (Guida Editori, prefazione di Giuliano Ferrara, conclusioni di Massimiliano Gallo), presentato al PalabancaEventi di via Mazzini – nell’ambito dell’Autunno culturale della Banca di Piacenza – dall’Autore in dialogo con Giuseppe Gandini, ex dirigente del settore Cultura del Comune di Castelsangiovanni e Carlo Emanuele Manfredi, ex direttore della Passerini Landi, gli studiosi che aiutarono il 28enne francese nelle sue ricerche storiche per il dottorato dopo la laurea alla Sorbona. Già, perché il libro di Maurelli si occupa, oltre che della vita e della fine tragica di Simon, anche di quel soggiorno di studio a Piacenza, con testimonianze di chi lo conobbe e gli diede una mano a preparare la tesi di dottorato.
Lo studente francese – hanno spiegato il dott. Manfredi e il dott. Gandini, dopo l’intervento di saluto del condirettore generale della Banca Pietro Coppelli – in Emilia (era l’aprile del 2019) cercava notizie sul mecenate Annibale Scotti, prestigiosa figura del Ducato di Parma e Piacenza, fedelissimo di Elisabetta Farnese, regina di Spagna, nata a Parma nel 1692, di stanza nelle ville piacentine prima di spostarsi a Madrid, nel 1734, dove la raggiunse proprio il marchese Scotti, emissario alla corte spagnola come diplomatico e mecenate, appassionato di arte e procacciatore di finanziamenti per talentuosi artisti. Tra le ventisette stanze di Villa Braghieri Simon Gautier ebbe come cicerone e padrone di casa appunto Gandini, responsabile della residenza, che ebbe modo di conoscere quell’intellettuale amante dell’arte, giramondo, di stanza a Roma, dove doveva consegnare nelle settimane successive la sua tesi di dottorato con le preziose informazioni raccolte nel Piacentino (pubblicata postuma nel 2021). Gandini aveva promesso a Simon informazioni e documenti, ma gli offrì anche ospitalità, quella piacentina, fatta di cibo e chiacchiere colte.
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