“Durante la chiusura dei servizi socio-educativi-assistenziali nel periodo Covid – affermano Daniel Negri e Fabrizio Ramacci, rispettivamente presidente di Confcooperative Piacenza e vicepresidente di Legacoop Emilia Ovest – la cooperazione sociale ha saputo fare la propria parte, adeguandosi, con responsabilità, a scenari tanto inediti quanto critici. Questa capacità di saper interpretare anche i nuovi bisogni va ora giustamente riconosciuta. Per questo, ora che arriveranno nuove risorse messe a disposizione dal PNRR, occorrerà ricordarsi del ruolo cruciale dei servizi educativi e investire, sia nel pubblico sia nel privato-sociale. Il fine ultimo è infatti quello di dare le migliori risposte possibili alle famiglie”.
“La carenza di servizi educativi per l’infanzia – specificano Negri e Ramacci – unita all’iniqua ripartizione dei carichi di lavoro familiare, condiziona negativamente l’offerta di lavoro femminile e riduce il tasso di partecipazione delle donne al mercato del lavoro. Ciò, oltre a incidere in maniera sostanziale sull’andamento demografico del nostro paese, ne deprime la crescita economica; è Infatti dimostrato come l’aumento della occupazione femminile incrementi il PIL. Perché le donne possano entrare o rientrare nel mondo del lavoro occorrono servizi di cura efficienti e moderni, flessibili, distribuiti equamente sul territorio. Chi può interpretare tale bisogno? Chi ha nel proprio mandato l’interesse alla promozione umana e alla crescita della comunità. Certo, il settore socio-educativo assistenziale pubblico, ma assieme al privato, rappresentato dalla cooperazione sociale, che da anni lo affianca e lo integra”.
Per questo sarebbe opportuno costruire progetti che vedano i nidi aperti tutto l’anno, con tempi elastici su un arco temporale di almeno 12 ore al giorno per rispondere alle mutate necessità delle famiglie. Serve un investimento nello sviluppo cognitivo dei bambini/e, una capacità dei servizi pre-scolari di ridurre le condizioni di esclusione sociale agendo fin dall’infanzia. Per rispondere a queste necessità occorre un’innovazione nei servizi per i più piccoli dando continuità nello 0–6 anni, introducendo fin dal nido una seconda lingua, sviluppando competenze e collaborazioni per individuare i problemi e supportando veramente, in uno stretto rapporto con la famiglia, la genitorialità. Per attuare questi elementi d’innovazione occorre investire maggiori risorse per l’acquisizione di nuove competenze, per la formazione continua e per la supervisione del personale.
“La qualità che fino ad oggi il privato sociale ha saputo esprimere – ricordano Negri e Ramacci – certificata dalla scelta di tantissime famiglie piacentine verso le nostre strutture convenzionate e non, va riconosciuta sia per il futuro sviluppo dei servizi per l’infanzia sia dal punto di vista economico. Non è più accettabile che il riconoscimento sia solo sul mero costo del lavoro ma deve avvenire sulla qualità del servizio fornito. È poi lo stesso PNRR che suggerisce l’integrazione tra pubblico e privato e la valorizzazione del terzo settore. Edilizia scolastica per la ristrutturazione e una nuova organizzazione degli spazi – sono un insegnamento del Covid – con laboratori, spazi verdi, sport, arte nel pubblico e nel privato. Pensiamo infatti che la cooperazione sociale possa essere una risposta flessibile ai bisogni in continuo mutamento delle famiglie.”
Spazio quindi all’innovazione dei servizi, all’utilizzo della tecnologia, alla formazione degli educatori e ad un sistema educativo integrato che serva alle famiglie e al territorio. La contrapposizione tra pubblico e privato, oltre ad essere anacronistica, disattende le indicazioni delle recenti normative e il pensiero europeo che spinge a fare rete, a uscire da vetusti schemi di pensiero, ad innovare e a sviluppare la comunità nel suo insieme.
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