Un giovane Napoleone, generale di quasi 27 anni, passò da Piacenza nel maggio del 1796: arrivò la sera del 7 (il suo esercito -5.000 granatieri e 1.500 soldati a cavallo – lo aveva preceduto all’alba dello stesso giorno) e ripartì il 9 (non prima di aver scritto una lettera alla moglie Giuseppina raccontandole che “a Piacenza vi è una bella casa, molta brava gente ed una bella città”). E’ del giorno successivo la battaglia di Lodi, la prima decisiva della Campagna d’Italia.
Questo veloce passaggio delle truppe rivoluzionarie francesi per la nostra città – praticamente ignorato dalla storiografia ufficiale – ha incuriosito Massimo Solari, avvocato innamorato della storia, che ci ha scritto un libro – “Napoleone a Piacenza” – per i tipi de “le Piccole pagine”, editore piacentino. Volume che è stato presentato a Palazzo Galli della Banca di Piacenza (in Sala Panini, con Sala Verdi videocollegata); l’evento è stato anche trasmesso in diretta streaming sul sito dell’Istituto di credito di via Mazzini.
Sollecitato dalle domande del giornalista Giovanni Volpi, l’autore ha dapprima spiegato il perché ha deciso di scrivere il libro: «Intanto le vicende legate a Bonaparte mi hanno sempre appassionato. Poi con il suo arrivo – in Italia e a Piacenza – cambia tutto: porta una ventata di novità, il medioevo si scontra con il mondo moderno. Non dimentichiamoci che nell’anno della morte di Napoleone, nel 1821, hanno inizio nel nostro Paese i primi moti carbonari; 40 anni dopo arriverà l’Unità d’Italia. E’ suo il merito di aver dato alla nostra popolazione la spinta a credere in sé stessa». Ma che Piacenza trovò? «Sonnacchiosa – ha raccontato l’avv. Solari – ferma a metà medioevo e dove, qualche anno prima, una nobildonna piacentina fu convocata dall’Inquisizione che la richiamò perché in un convegno aveva avuto parole di apprezzamento per la Dichiarazione dei diritti dell’uomo.
Trova poi una Piacenza ancora racchiusa entro le mura, con grande spazio destinato al verde». Le truppe francesi portarono sì una ventata di novità per i piacentini in termini di idee rivoluzionarie, ma anche conseguenze pratiche pesanti. «Il saccheggio fu totale – ha confermato l’autore – ma più che opere d’arte (degne di nota due grandi tele di Carracci portate via dal Duomo e dopo il Congresso di Vienna restituite, però, a Parma) la razzia riguardò oro, argento e generi alimentari. In particolare, il commissario politico di Napoleone, Saliceti, còrso di origini piacentine, non risparmiò dalla razzia il Monte di Pietà, dove i nobili piacentini avevano portato le loro cose preziose pensando fossero al sicuro».
Il presidente esecutivo della Banca Corrado Sforza Fogliani, che ha firmato la prefazione, ha definito il libro «uno dei pochi dove convergono certezze scientifiche sotto il profilo storico e stile fluente della scrittura, che lo rendono piacevolissimo alla lettura». Il presidente Sforza ha ricordato che durante il passaggio del 1796 Napoleone soggiornò a Palazzo Scotti da Sarmato, splendido edificio di fronte a Sant’Agostino (nel 1805, in occasione della sua seconda venuta a Piacenza, fu invece dirottato a Palazzo Radini Tedeschi di via San Siro) e spiegato quali sono stati i meriti dell’imperatore francese: «Decretò la fine del sistema feudale, ma soprattutto diede una veste giuridica allo Stato centralizzato nato 250 anni prima, incasellando le leggi in un unico codice. Una codificazione che occorrerebbe anche oggi e della quale proprio oggi comprendiamo la necessità, a fronte delle migliaia di pandette che ci affliggono».
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