Dall’inizio dell’anno, sono due i provvedimenti interdittivi emessi ai sensi del codice unico antimafia dal Prefetto di Piacenza; l’ultimo pochi giorni fa a carico del gestore di un bar di via Colombo, colpito da ordinanza di custodia cautelare in carcere del Gip di Napoli per associazione di tipo mafioso (artt. 416-bis del codice penale).
Il primo provvedimento risale al gennaio scorso a carico di una società di autotrasporto per conto terzi, recentemente trasferitasi a Piacenza e collegata ad altre due società qui attive, entrambe interdette nel 2019 dalle Prefetture rispettivamente di Piacenza e di Vicenza. Tutte e tre le ditte sono risultate legate al clan camorristico salernitano Pecoraro-Renna.
Il 30 aprile scorso l’interdittiva ha avuto conferma dal Tar di Parma, che ha negato la sospensione cautelare «atteso che l’atto appare adottato in conformità ai parametri di legge e della giurisprudenza in materia, nonché adeguatamente motivato sulla base degli elementi raccolti dalla Prefettura» condannando il ricorrente alle spese.
L’attività in materia della Prefettura si svolge anche avvalendosi del supporto del Gruppo Interforze Antimafia, composto da rappresentanti delle Forze di Polizia, dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro, del Provveditorato Interregionale alle Opere Pubbliche e della Direzione Investigativa Antimafia-Sezione di Bologna, che verifica in capo alle aziende e agli imprenditori l’esistenza dei presupposti per contrarre con la pubblica amministrazione o ottenere licenze e autorizzazioni. L’assenza o il venir meno dei presupposti di legalità e onorabilità porta all’adozione dei provvedimenti interdittivi, che impediscono di esercitare quelle facoltà.
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