Un mercato del lavoro che per la prima volta dopo sei anni di crescita pressoché ininterrotta ha risentito, come ovvio, dell’emergenza Covid, ma che oggi dà netti segnali di risveglio.
L’Emilia-Romagna fa i conti sulla base dei principali dati e indicatori derivanti dalla Rilevazione delle forze di lavoro condotta da Istat.
Dal minimo storico delle assunzioni registrate ad aprile, il 68% in meno rispetto allo stesso mese del 2019, con l’occupazione femminile a pagare il prezzo maggiore,
A maggio, con il progressivo riavvio dell’attività economica, le assunzioni complessive hanno registrato un aumento del 40,4% rispetto al mese precedente; soprattutto nell’industria, dove sono risalite al 70,4% del livello registrato a febbraio.
Non certo un recupero pieno, ma una inversione di tendenza rispetto al minimo storico registrato ad aprile, in pieno fermo da Covid-19, quando le assunzioni rispetto allo stesso mese del 2019 avevano fatto segnare un -68%.
“Questi dati dimostrano che dove le attività sono ripartite per prime, i segnali positivi sono arrivati, con percentuali anche superiori a quanto potessimo immaginare. Si conferma invece la difficoltà del terziario, che necessita di un ulteriore sostegno per reggere fino alla ripresa, che ci aspettiamo nel 2021”. Così commenta l’assessore regionale a Sviluppo e Lavoro, Vincenzo Colla.
Il rapporto
Nel primo trimestre dell’anno si registra un primo segnale di arresto delle dinamiche positive del mercato del lavoro regionale, manifestatosi a partire dall’ultima settimana di febbraio con l’avvio dell’emergenza sanitaria. Con la pandemia già in corso, a marzo si ha una sostanziale tenuta dei livelli occupazionali complessivi; parliamo di 2,014 milioni di occupati, -0,1% rispetto al 1^ trimestre 2019.
Una contrazione del numero di persone in cerca di occupazione (117.900 persone, -10,2% rispetto al medesimo periodo dello scorso anno) che si spiega in parte con l’aumento dell’inattività legata all’inizio del lockdown (26,2%, il valore più basso tra le regioni italiane, +0,9 punti percentuali in più di quanto rilevato nel primo trimestre 2019).
A partire da quel momento si ha una pesante caduta delle assunzioni, che toccano il minimo storico ad aprile. Sono 24.690, il 68% in meno rispetto ad aprile 2019.
La sospensione dei licenziamenti e il massiccio ricorso agli ammortizzatori sociali hanno impedito, fino a oggi, la perdita di posizioni dipendenti a tempo indeterminato. Per il periodo marzo-maggio 2020 le attuali stime indicano infatti come la riduzione complessiva di posizioni di lavoro dipendenti, pari a 38.061 unità (calcolata come saldo destagionalizzato fra attivazioni e cessazioni), sia prevalentemente a carico delle posizioni a tempo determinato (-30.076) e nel lavoro somministrato (-9.870).
I settori
Nel periodo marzo-maggio 2020 la perdita di posizioni dipendenti si è concentrata principalmente nei macrosettori commercio, alberghi e ristoranti (-16.411) e altre attività dei servizi (-9.442), seguiti dall’industria in senso stretto (-7.718 posizioni).
L’area dei servizi turistici e commerciali è stata, fino a oggi, quella più colpita; ciò ha comportato che le posizioni di lavoro dipendente perse nel periodo marzo-maggio 2020 siano più numerose per le donne (-21.540, ovvero il 56,6% del totale), stante l’elevata incidenza delle lavoratrici in tali comparti. Analogo «effetto di composizione» spiega le maggiori perdite nei mercati del lavoro provinciali con elevata specializzazione terziaria e a vocazione turistica (Rimini, Bologna, Forlì-Cesena e Ravenna).
A maggio, con il progressivo riavvio dell’attività economica, le assunzioni complessive hanno registrato un aumento congiunturale molto positivo (40,4% in più rispetto al mese di aprile); soprattutto per l’industria, dove sono risalite al 70,4% del livello registrato a febbraio, prima del lockdown.
Minore è invece il recupero nei servizi; sempre a maggio, le attivazioni di nuove posizioni di lavoro sono al 47,4% di quelle di febbraio, che solitamente rappresenta il mese per le imprese turistiche di riavvio delle attività, in vista dell’apertura pasquale. I dati di giugno e luglio, al momento non disponibili, potranno indicare recuperi ulteriori per l’intero sistema economico regionale.
Gli ammortizzatori sociali
L’insieme degli ammortizzatori sociali messi in campo è stato ampiamente utilizzato, come mai in passato.
Tra gennaio e maggio 2020, in Emilia-Romagna, il numero di ore di cassa integrazione e di Fondi di solidarietà autorizzati da Inps è stato pari a 183 milioni.
In crescita anche le richieste di NASpI che, tra il 1^ marzo e il 9 maggio 2020, sono aumentate del 36% rispetto al medesimo periodo del 2019.
In relazione all’indennità di 600 euro introdotta dal Decreto Cura Italia, al 22 maggio in Emilia-Romagna erano state accolte circa 330.000 domande di sussidio.
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