Di fronte all’urgente esigenza di aprire i servizi educativi e socio sanitari in genere (centri estivi, centri educativi, asili nido, centri per disabili, centri per anziani ecc) da più parti anche nella nostra Provincia diversi soggetti avanzano proposte sulla loro rimodulazione.
La delicatezza della materia è tale che non a caso il sindacato confederale, già impegnato da tempo nella discussione con le Istituzioni e le imprese del sociale, ha chiesto un incontro urgente con il Comune di Piacenza, i Comuni Capi Distretto e le Associazioni di rappresentanza datoriale (Legacoop Emilia ovest e Confcooperative Piacenza): quanto indicato nelle linee guida allegate all’ultimo DPCM non basta a fare chiarezza sui termini per ripartire presto e in sicurezza, ma è necessario – quale prerequisito per l’apertura dei vari servizi – sottoscrivere un protocollo di intesa trasparente, che vada nella direzione di un difficile quanto necessario equilibrio fra diritti degli utenti e delle loro famiglie all’erogazione dei servizi e diritti dei lavoratori alla salute e sicurezza oltre che diritti contrattuali, nel segno della sicurezza che deve essere vista sia dalla parte del lavoratore che dell’utente.
Il rilievo che questo tema riveste per la sanità pubblica fa si che siano interessati sia la gestione diretta di nidi e servizi estivi operata dai Comuni, che tutti i servizi educativi e socio sanitari in convenzione, nonché ai cosiddetti centri estivi puramente privati (anche parrocchiali). Tenendo peraltro in considerazione che nessuna linea guida al momento tratta il tema 0-3 anni, vista la palese difficoltà di garantire sufficienti condizioni di sicurezza.
Qualunque protocollo per la riapertura di questi servizi nel contesto tuttora attuale di una epidemia, infatti, non può che prevedere la condivisione dei professionisti che garantiscono l’esecuzione dei servizi stessi: i lavoratori, attraverso chi li rappresenta.
Proprio perché consapevoli del momento che viviamo e per la dedizione che li contraddistingue, i lavoratori del settore socio educativo sono pronti a fare la loro parte, ma non a scapito della sicurezza e della dignità della professione educativa. La riorganizzazione, perciò, non deve mai far venire meno il ruolo educativo svolto con il requisito della competenza e del rispetto del profilo.
I servizi alla persona e chi ne usufruisce, di qualsiasi età e “tipologia”, vanno tutelati con un’organizzazione che preveda innanzitutto che il ruolo sia svolto da professionisti, lavoratori che hanno le competenze e la formazione adeguata a gestire non solo le attività in tempi “normali”, ma le difficoltà anche di relazione dovute al distanziamento e alle nuove modalità che potrebbero rivelarsi spiazzanti per l’utenza in tempi di pandemia; la risorsa del volontariato, quantomai preziosa, non può che limitarsi ad essere un sostegno, mai sostituzione, dei professionisti a cui peraltro debbono applicarsi contratti di settore firmati dalle organizzazioni maggiormente rappresentative, in linea con le normative nazionali e regionali vigenti.
In questo panorama, complicato e delicatissimo, va poi tenuto in conto un aspetto che nelle linee guida nazionali e regionali non rileviamo a sufficienza: una necessaria declinazione delle misure in maniera adeguata alle diverse esigenze dell’utenza, sia essa costituita da bambini della fascia 3-6 anni, da ragazzini, da adulti disabili e così via: prescrizioni e condizioni minime di sicurezza applicabili in alcuni contesti si troverebbero facilmente “sospese” in altri, per le caratteristiche stesse dei rapporti tra educatore e persona seguita.
È necessario pertanto individuare chiare declinazioni nel protocollo che riteniamo indispensabile sottoscrivere con tutti i soggetti coinvolti.
Infine, sempre nell’ottica di porre le basi di una ripartenza sicura, queste OO.SS. hanno richiesto ufficialmente da tempo ad Ausl e Conferenza territoriale socio sanitaria che tutte le lavoratrici e i lavoratori che operano con le persone (minori, anziani, disabili, adulti fragili), vengano controllati in ordine di priorità in quanto soggetti maggiormente a rischio contagio da un lato e a potenziale rischio di contagiare utenza fragile dall’altro, e che venisse fornito un cronoprogramma del monitoraggio/screening.
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