«Gli aironi stilizzati del Festival della cultura della libertà torneranno a volare su Piacenza e su Palazzo Galli sabato 30 e domenica 31 gennaio 2021».
Ad annunciarlo Corrado Sforza Fogliani, che ha concluso i lavori della quarta edizione di una manifestazione «che – ha sottolineato – come portatori del pensiero liberale ci deve corroborare in questi tempi tristi per assolvere a un compito: dare seguito al pensiero di Einaudi, vale a dire raggiungere l’importantissimo traguardo dell’uguaglianza dei punti di partenza, la più grande rivoluzione sociale che si possa realizzare».
Parlando del tema del Festival (organizzato dall’Associazione dei Liberali Piacentini in collaborazione con Confedilizia, Il Foglio, il Giornale ed European students for liberty), l’avv. Sforza ha osservato che «la proprietà si trova nella condizione di dover rivendicare la propria funzione – morale, politica e intellettuale – in quanto il diritto ad essa è stato svuotato, come richiamato nel titolo del Festival, da tasse, regolamenti, espropri”.
“La proprietà assicura la nostra indipendenza, è un baluardo che evita la concentrazione del potere ed è insopprimibile. E’ stato giustamente sottolineato da qualche relatore che la proprietà pubblica è una finzione; esiste invece quella di fatto, nelle mani della classe burocratica che governa i vari Stati. L’Italia è governata dal socialismo reale, con la conseguenza che i giovani fuggono all’estero, c’è poca fiducia nel futuro, crolla il tasso di natalità”.
“Oggi lo Stato – ha concluso – crea problemi ai cittadini per salvare se stesso, è un ingombro che non regge più, un moloch che ci fa rimpiangere il Medioevo con il pluralismo degli ordinamenti giuridici. Speriamo che anche da noi, come è avvenuto negli Stati Uniti, prendano piede le comunità volontarie”.
“Gli altri acuti della seconda giornata del Festival sono venuti da Marcello Pera e Francesco Forte. L’ex presidente del Senato – protagonista della sessione plenaria, introdotto dal presidente dell’Associazione Liberali Antonino Coppolino – ha proposto una riflessione sullo stato attuale, in Italia, della dottrina liberale”.
“Un aspetto interessante – ha esordito il prof Pera – è il rapporto tra liberalismo e capitalismo, concetti che non coincidono. Einaudi sosteneva che il sistema capitalistico può degenerare in situazioni che sminuiscono il ruolo della libertà privata, se il libero mercato è lasciato a sé. Il liberalismo ha bisogno di un sistema capitalistico corretto; il laissez faire non è proprio compatibile con il sistema liberale, occorrono regole. Ma quali applicare al mercato affinché lo Stato liberale attecchisca?”.
E qui, a parere dell’illustre relatore, cominciano i problemi, perché le regole giuridico-politiche non sono sufficienti, ci vogliono anche quelle morali («la libertà richiede virtù e non vizi»), essendo di tutta evidenza che se la società sviluppasse valori degeneri, non sarebbe moralmente compatibile con lo Stato liberale. «Allora – ha proseguito il prof. Pera – dobbiamo coltivare regole di convivenza civile virtuose, se vogliamo lo Stato liberale. Ma chi le detta?».
A questo punto, per l’ex presidente del Senato la questione si fa ancora più seria. La prima risposta – lo Stato – è sbagliata, perché per un liberale quest’ultimo non può essere etico e non deve perseguire i vizi, a meno che diventino reati. «La seconda soluzione prevede che sia la società a selezionare da sé e spontaneamente le norme morali, che diventano tradizioni e formano l’etica di un popolo, con il confronto tra vizi e virtù. Il problema è che non c’è nessuna garanzia che ci si indirizzi verso il virtuoso».
«Visto che siamo alla ricerca di un’etica – ha invitato alla riflessione il prof. Pera – potremmo ipotizzare che garante ultimo delle virtù sia la religione, con regole che fanno parte della tradizione del Cristianesimo. Una soluzione non facile (i liberali per ragioni storiche sono poco affini alla religione e vado a legare il liberalismo al Cristianesimo in un momento di scarso entusiasmo religioso), ma stimolante (tra liberalismo e cristianesimo ci sono valori comuni: che l’individuo venga prima dello Stato, è infatti una soluzione cristiana)». Marcello Pera ha così concluso: «Si può sperare di far trionfare l’idea liberale trascurando la dimensione religiosa? La domanda mi affanna da quasi 20 anni».
Francesco Forte è intervenuto nell’ultima sessione del Festival che – moderata dal giornalista Emanuele Galba – ha affrontato il tema “Proprietà, giustizia, socialità”. «Il punto di arrivo nel porto sicuro – ha esemplificato il prof. Forte – è il diritto di proprietà, senza il quale non si garantisce libertà, che a sua volta è garante di giustizia e socialità». Quello della proprietà immobiliare è, per l’insigne economista, un diritto quasi naturale, che comprende il concetto di habitat e riguarda anche vegetali e animali. «L’uomo, a differenza degli animali, ha capacità creativa e ciò che differenzia il nido dalla proprietà immobiliare umana è proprio la creatività». Ma mentre il nido – per ora – sfugge al Fisco, la proprietà umana subisce quella che il prof. Forte ha definito «l’imposta peggiore».
Lo studioso ha quindi proposto una tavola statistica sulla pressione fiscale nei Paesi Ocse (divisi in cinque categorie: ad alta, medio-alta, media, medio-bassa, bassa pressione fiscale), dimostrando che c’è un circolo virtuoso tra bassa pressione fiscale, libertà e crescita del Pil. Gli Stati che applicano un Fisco equo, hanno i più alti livelli di crescita (come la Germania) e viceversa (pressione fiscale alta, Pil basso, come l’Italia, fanalino di coda dell’Europa).
Il professor Forte ha sottolineato come sia stato particolarmente significativo che si sia discusso di proprietà e sviluppo capitalistico a Piacenza, dove si è sviluppata la più antica e importante forma di banca del mondo, la Fiera del cambio. Un passaggio che non è sfuggito a Corrado Sforza Fogliani, che ha ringraziato l’economista «di questa sua immensa cultura» che gli ha consentito di citare un particolare che pochi conoscono. A Piacenza, crocevia dei percorsi dei pellegrini per raggiungere Roma, nacque infatti il primo cambia valute, in piazza Borgo (nelle vicinanze sorgeranno, a seguire, il monte dei pegni e la Cassa di risparmio). E i piacentini, da pellegrini e mercanti, si trasformarono in banchieri.
«Oggi nel nostro piccolo – ha affermato il presidente Sforza – con la Banca di Piacenza cerchiamo di continuare questa tradizione, segnalandoci a livello nazionale per la nostra solidità».
Per ragioni di spazio, si rimanda ad un successivo articolo altri aspetti della seconda giornata del Festival.
Iscriviti per rimanere aggiornato!
Compilando i campi seguenti potrai ricevere le notizie direttamente sulla tua mail. Per garantire che tu riceva solo le informazioni più rilevanti, ti chiediamo gentilmente di mantenere aggiornati i tuoi dati.