«Le ricette per far uscire il nostro Paese da una crisi, economica ma anche di valori, dalla quale altri si sono già rialzati, sono anche abbastanza semplici, ma per poterle applicare dobbiamo smetterla di prenderci in giro sulla nostra condizione e renderci conto che c’è una parte d’Italia che funziona e che va imitata. Se continuiamo con certi atteggiamenti ci si immiserisce e la povertà culturale è assai più devastante di quella economica».
Le ricette di cui parla il giornalista e scrittore Davide Giacalone sono contenute nel suo ultimo libro “LeALI ALL’ITALIA” (Rubbettino editore), presentato dall’autore nella sede dei Liberali Piacentini Luigi Einaudi, in dialogo con il presidente dell’Associazione Antonino Coppolino.
Giacalone – che si è detto più preoccupato della uniformità dei politici che delle loro divisioni, spesso solo apparenti – ha evidenziato alcuni settori che non funzionano: la Scuola («Il 40 per cento degli studenti alla soglia della maturità ha difficoltà a comprendere un testo con un minimo grado di complessità; questo è il fallimento totale di un sistema scolastico che assume insegnanti pescando nelle graduatorie persone che 10 anni fa non hanno passato il concorso o, ancora peggio, che il concorso non lo hanno neanche fatto. Quando ero ragazzo prendere un brutto voto voleva dire avere problemi a casa e finire in punizione; oggi di fronte ad una grave insufficienza scatta la protesta dei genitori nei confronti dell’insegnante»); la Giustizia («Non funziona e la riforma della prescrizione è aberrante»); la Pubblica amministrazione («La digitalizzazione risolverebbe molte inefficienze, ma va fatta seriamente. Il vero problema è l’assenza di responsabilità, che fa diventare il potere solo abuso»).
Il giornalista è poi andato decisamente controcorrente rispetto a quello che si vuol far credere all’opinione pubblica, e cioè che è aumentata la povertà. «Non siamo mai stati così ricchi, così sani e così longevi: non si può dire?», si è domandato polemicamente Giacalone, che ha rafforzato la sua affermazione con un dato: nel 1970 il patrimonio di ognuno era pari a 3 volte il reddito annuo, come la Germania; oggi i tedeschi sono a quota 6 volte, noi a 8,6.
Il vero problema è che abbiamo spostato tutta la ricchezza a patrimonio a scapito della produzione («E’ quantomeno bislacco pensare che mettendo denari nelle tasche delle persone che non producono faccio il bene dell’economia del Paese. Creo solo consumi poveri corrompendo il mercato e tolgo risorse all’Italia che produce e dichiara. Le persone in difficoltà si aiutano creando le condizioni per levarle dalla situazione di svantaggio, magari attraverso il lavoro»).
«L’Italia – ha proseguito l’illustre ospite dei Liberali Piacentini – ha subito un involgarimento collettivo e non è solo un problema di classe politica, ma di cultura. Siamo noi stessi ad aver creato questa realtà e nostra è la responsabilità se abbiamo la classe dirigente peggiore della nostra storia».
Davide Giacalone ha quindi portato un esempio concreto dei nostri atteggiamenti sbagliati: «Eravamo il Paese più prolifico d’Europa – ha spiegato – e oggi siamo in fondo alla classifica. Alla domanda “perché non si fanno più figli” le risposte sono sempre le stesse: incertezza economica, mancanza di un lavoro fisso, la banca che non mi concede il mutuo. Poi uno va a vedere i dati e scopre che spendiamo 835 milioni di euro l’anno per la prima infanzia, mentre sono due miliardi e 600 milioni gli euro spesi per gli animali domestici. La miseria non c’è e chi lo dice mente a se stesso. Abbiamo elementi di forza straordinari – ha concluso Giacalone – ma non possiamo continuare a piangerci addosso. Cresciamo culturalmente e usciremo dalla crisi».
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