“I social hanno rivoluzionato il nostro modo di socializzare: difficile tornare indietro e farne a meno”

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I social hanno rivoluzionato il nostro modo di socializzare ed informarci: difficile tornare indietro e farne a meno. A Palazzo Galli della Banca di Piacenza presentato il libro del giovane piacentino Jacopo Franchi “Solitudini connesse”, che racconta cosa siamo diventati dopo anni di esposizione a post e tweet

«Ci sono 35 milioni di persone in Italia che sono iscritte almeno a un social. Ma che cosa ne ha determinato il successo? Tante le ragioni, non ultime la gratuità e la facilità di registrazione e utilizzo. I social hanno stravolto gli strumenti di comunicazione ed avuto un impatto devastante sulla nostra vita. Per i nostri follower, siamo sui social anche quando non ci siamo». Così Jacopo Franchi, trentenne piacentino esperto di piattaforme digitali, ha introdotto la presentazione (proposta a Palazzo Galli nell’ambito dell’Autunno culturale della Banca di Piacenza) del libro “Solitudini connesse, sprofondare nei social media” (Agenzia X edizioni), scritto per meglio capire com’è cambiato il modo di socializzare nell’era dei “mi piace”.

E a proposito di like, il dott. Franchi (social media manager che vive e lavora a Milano), rispondendo a una sollecitazione del giornalista Emanuele Galba, ha confermato che Facebook e Instagram hanno iniziato a oscurarli. «Chi gestisce questi strumenti – ha spiegato l’autore – si è posto il problema di togliere pressione psicologica agli utenti più fragili, soprattutto ai giovani». I like, però, ha osservato l’esperto piacentino, è l’unico elemento che ci consente di intuire come opera il misterioso algoritmo, quello che decide, nei social – non si sa con quale formula, che comunque cambia nel tempo -, cosa possiamo vedere e da chi possiamo essere visti, in base alle preferenze e alle opinioni che esprimiamo: è l’algoritmo che sceglie i post che ci compaiono sullo smartphone, secondo un ordine né cronologico, né logico.

L’argomento – che ha stimolato alla fine diverse domande del pubblico – è stato trattato sotto due profili, che rappresentano due rivoluzioni: del modo di socializzare e dell’accesso all’informazione. «I social – scrive Jacopo Franchi – sono l’invenzione che ha permesso ai timidi, agli impacciati, agli insicuri, a chi soffre di qualche forma di fobia sociale, di salire su un “palco” con la rassicurante certezza di poter scomparire in caso di necessità». Più nessuno oggi è completamente solo; questo non vuol dire, però, che non si possa soffrire di solitudine pur essendo connessi.

«I social – ha proseguito l’autore – ci mettono anche nella condizione di poter disporre, in ogni momento e in ogni dove, della conoscenza dell’umanità intera, non solo di quella racchiusa nelle enciclopedie». Soprattutto con Twitter, ci si può informare direttamente di che cosa succede nel mondo senza il filtro del pensiero unico internazionale. Occorre – è stato sottolineato – fare attenzione alle fake news, affinando gli elementi a nostra disposizione per riconoscerle ed evitarle.

«L’algoritmo – ha affermato il dott. Franchi – ha sostituito l’essere umano nell’organizzare il flusso di informazioni. Il problema, è che se mi interesso sempre a un certo tipo di notizie, rischio di vedere sempre le stesse, di non riuscire ad uscire dalla “gabbia”. Mi è consentito bloccare e silenziare per cambiare il flusso, sapendo però che posso finire dentro un’altra “stanza dell’eco”».

Rispondendo alle numerose domande del pubblico, Franchi ha chiarito altri aspetti del mondo social, come il fatto che non esista una definizione di visualizzazione. Complice le scelte dell’algoritmo, c’è poi il pericolo che una persona (“ingabbiata”) possa pensare che tutti la pensino come lui. Qualcuno dei presenti in sala, ha proposto un metodo artigianale per evitare il problema: tradire l’algoritmo dando segnali diversi dalla linea politica del pensiero che solitamente si esprime; così facendo, in effetti, arrivano tweet di diversa opinione.

In chiusura Emanuele Galba ha letto un passo del libro di Jacopo Franchi (che ha ricevuto dalla Banca, in ricordo della serata, un volume sulla Galleria Ricci Oddi) che ne riassume efficacemente il significato: «Siamo la prima generazione connessa nella storia dell’umanità. I social hanno realizzato qualcosa di straordinario, facendoci pagare un prezzo altissimo per essere stati i loro primi abitanti… Siamo liberi di andarcene quando vogliamo…alla ricerca di una terra migliore ancora spopolata. Ma siamo altrettanto consapevoli che disconnetterci dai social, oggi, significherebbe rinunciare a una capacità cognitiva che nessun computer e nessun’altra piattaforma è in grado di fornirci».

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